lunedì 1 novembre 2010

I benefici dell'autunno


Il litigio con mia sorella doveva destabilizzarmi e non perchè sono catastrofica e pessimista. Cioè sono catastrofica e pessimista, ma in questo caso non si tratta di catastrofismo: se lo dico è perché è successo tante di quelle volte che conosco le mie reazioni.
Eppure questa volta, le mie reazioni mi hanno sorpresa e non è facile farmi sorprendere, neanche dalle mie reazioni. Figurarsi dal resto! Succo del tutto, non solo non mi sono abbacchiata nel solito languore post-delusione affettiva, ma ho anche combinato qualcosa di concreto oggi, il che è più unico che raro. Credo che a darmi quel briciolo di serenità e di carica sia stata la mia reazione al “litigio”, reazione che ho attuato a sangue ancora caldo e a rabbia fresca, immediatamente dopo avere scritto il precedente post, immediatamente dopo aver pronosticato il peggio. Invece di macerarmi e risentirmi sono andata seranamente di là, mi sono intrufolata nella conversazione tra lei e mamma e prima di uscire - dovevo vedermi con mio cugino e mio zio - l’ho salutata e baciata ecc. Lei è stata un po’ fredda e ha risposto che non dovevo scomodarmi quando le ho detto che se saremmo arrivati in bici fino alla stazione l’avremmo salutata, ma non ho ribattuto! Anzi, ho continuato a parlare come niente fosse. Mi sorprendo di me stessa, non era neanche una reazione voluta e ponderata è stata spontanea. Certo non risolve lo squilibrio, certo non ci sentiremo spesso, certo lei coverà rancore nei miei confronti e certo lei mi mancherà, ma avrei patito di più tenendole il muso e mi sarei immediatamente sentita in colpa e stupidamente infantile. La contatterò qualche giorno quando sarà più serena a Roma con la sua migliore amica e avrà sbollito, si spera, la seccatura.
Con zio e S. non ci siamo arrivati alla stazione, abbiamo nuovamente costeggiato il lungomare per poi addentrarci tra aranceti, uliveti e campi: c’era un vento tremendo e la risacca di un mare Ionio troppo simile all’oceano per non emozionare, lungo, plastico, elegante nonostante l’agitazione, dalle onde irregolari, affusolate in vortici che si srotolavano senza volersi fermare, contaminando tutta la spiaggia. Tre colori dominanti: bianco frizzantino, acquamarina fosforescente e il violaceo che strideva laggiù, contro l’orizzonte luminosco, in pieno contrasto con l’altra parte di cielo, quello all’estremità opposta, alle nostre spalle, che mi indica mio zio, di nuvole londinesi, fumose, grigio denso e compatto, spaventose. Nel corso della giornata hanno conquistato tutto il cielo, battuto il sole, riconquistato il dominio che gli spetta di diritto vista la stagione. Se il vento non le scalfirà stanotte o domani al massimo, si scatenerà l’inferno e i miei zii devono partire il che preoccupa un po’.
Sarà stato questo ritorno prepotente ai toni più foschi, nebbiosi, argentei, maliconici dell’autunno che mi ha messa in uno stato d’animo sereno e rappacificato. Non sentivo un tale sollievo di spirito, una tale freschezza e tranquiliità da…non lo so. Molto tempo di certo. Fatto sta che ho iniziato a studiare. E ho studiato. E ho concluso. Nonostante il freddo e il vento ho studiato nel balcone sotto le nubi feroci, in un abbozzo di pioggia e di gelo, raggomitolata solo in una gilè di felpa e coperta dal cappucci di questo. Certo non sono riuscita a ripetere le quattro pagine di Lingua dei segni che mi ero programmata, ma due e mezzo sì, e non sono poche per iniziare e se domani riesco a studiare dalla mattina e con più continuità (visto che comunque i parenti sono ancora qui e sono stati da me anche pomeriggio) posso farcela. Posso farcela. E’ dura, ma posso farcela. Basta non pensare a nulla e studiare. E diventa anche divertente. Anche Lingua dei segni. Strano ma vero.
Ora vado a prepararmi il mio piattone di frutta autunnale e se non crollo proverò un esercizio di scrittura…

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