venerdì 30 marzo 2012

Patetica in Van Gogh

Sappiate che questo è un post patetico.
Ordunque, la sperduta anima che per un inciampo del caso dovesse passare per queste lande desolate, è avvisata. Non prendertela con me se decidi di continuare a leggere e quello che leggi ti risulta di un patetico ammorbante.
La mia vita è patetica, io sono patetica. E chiunque dica il contrario mente. O prova pietà per me, quindi mente.
E posso provarlo.

Torno dalla palestra, mi faccio la doccia, getto la borsa da un lato, la kefiah di turno dall'altra, accendo il pc, controllo le eventuali chiamate perse.... insomma i soliti gesti meccanici del cazzo. Ci sono due chiamate perse di cui una è di mio zio.
Panico:" Oddio....ora mi tortura con le domande sull'università che faccio chefacciochefaccio..... che gli dico?!"
Atto ragionativo tendente a cercare scappatoie tramite furbizie comunicative: "Calma. Mio fratello ha combinato un mezzo guaio posso sfruttare la cosa a mio subdolo favore. Tanto è la notizia del day. Tanto lo verrà a sapere entro sera. Perchè non essere io il latore? Tant'è che è un ruolo che ben mi s'addice, nevvero. Spostando la conversazione su questo punto, posso stare sufficientemente tranquilla, visto che ce n'è da chiacchierare. E poi mio fratello è rientrato, glielo passo e se la vedono loro. Sì sì sì, ludibrio e gaiezza, posso evitare il tormento per stavolta".
E siccome è meglio toglierlo subito il dente dolente chiamo, ma risulta irragiungibile. Amen, io la mia l'ho fatta.
 Il tempo di scordarmene e squilla il telefono di casa. Risponde mio fratello e chi è? L'alacre zietto, of course.
Ri-panico:"Sfiga cornuta. ora mia fratello gli racconta tutto e poi vorrà parlare con me e io come me la scampo stavolta?!"
La fine si profila all'orizzonte, ma un vorace e inatteso istinto di sopravvivenza interviene in qualche modo, e la mia mente scorre un piano evasivo dopo l'altro.

Mi ritrovo sbarrata nel cesso. L'operosissimo istinto di sopravvivenza mi ha suggerito di far finta di essere sotto la doccia. Se dovessi trovarmi in una riserva di Grizzly con un favo colmo di miele in mano, non vorrei essere nei miei panni.
Siccome l'immagine di una me fremente, che si smangiucchia le unghie, seduta sul bidè, è solo "patetica" e non "patetica patetica", esco dal bagno afferro la sciarpa nuova, che avevo messo ad asciugare e mi fiondo fuori casa, non prima di aver imbastito una pantomima davanti a mio fratello (ancora al tel con zio), per esser certa che mi avesse vista uscire.
E moh? E moh camminiamo e vediamo dove mi porta il cuore.

Il cuore mi porta alla fine della mia via, dove la strada asfaltata cede il passo a un sentiero sterrato, stretto tra campi, verzura, aranceti e tutto quel popò di natura che c'abbiamo qua intorno. E siccome bisogna pur lasciar che il tempo faccia il suo lavoro, la nostra eroina prosegue.
Sdrucciola pell'arno del fiume, che le piene invernali hanno resto pietroso, sconnesso e profondo tre metri, zompetta sul letto del fiume, leggiadra, per non disturbare la ragnatela di  rigagnoli che scende a valle e luccica d'argento sfruttando gli ultimi barbagli di un cielo grigiastro. E ovviamente li becca tutti in pieno, i rigagnoli.
'Nzuppandosi così le precarie scarpette, ella raggiunge il ridente sentiero, sferzato da un fottuto vento de la malora, che le schiaffa folate di pungente terra ne li occhi, sdradica i giuovani bocciuoli primaverili, e agita i neri cipressi d'intorno il sentiero, come fossero ruggenti e tormentate fiamme d'infera provenienza.
Tutto molto bello.
Tutto molto bucolico.
'Che pare di stare in un quadro del Van Gogh.

Eccomi. Io sono la dama tra la verzura. Sotto i cipressi indemoniati. Sembrano due donne perchè sono grassa.

Passato che fu il tempo giusto -ovvero nel momento preciso preciso in cui sento latrare un cane in lontananza - giro sui tacchi e me ne ritorno a casa e chi ti incontro?
La madre!
Chiaro. Tutto perfettamente lineare. Trama, sceneggiatura e contesto si danno il braccetto. Questa è letteratura cinematografica di fine ordine, questa. Altro che Shutter Island!

Madre:"Da dove arrivi?".
Dafne: "Ti aiuto a portare la spesa".
Madre:"Dove sei andata?".
Dafne:"A cercare la sciarpa".
Madre:"Te l'ha volata?! Lo sapevo, ti sta bene! Prima di uscire l'avevo vista sferzata dal vento."
Dafne:"Sì...ma l'ho ritrovata".
Madre:"E dove?"
Dafne:"Su un albero. Devo solo lavarla di nuovo."

Quale film perfetto sarebbe se non ci fosse giusto un accenno di improbabile fatalismo?

Ecco qua.
Vi avevo avvisato o no che era un post patetico? Che la mia vita è patetica? Che io sono patetica?
Che tutto tutto tutto è insomma cazzutamente patetico? Eh?!

venerdì 23 marzo 2012

It's an american life

I miei primi pancakes sono un disastro alla vista - sembrano più spumose frattaglie di uova - ma il gusto è ottimo. Sono alla crusca d'avena con basso apporto di calorie, accompagnati dal più bollente dei caffè americani con schiuma. Coma se la mia fosse una storia americana.
Sperando che scomodi ricordi non tornino a rodere viscere e pensieri come oggi, mentre li facevo - sono invisa all'essere con cui più spesso ne ho parlato e che avrebbe dovuto cucinarle per me o insegnarmi o vabbè tanto ormai 'sti cazzi - ripeterò domenica l'alchimia culinaria,sperando assumano magicamente la forma classica del pancake e le piazzerò qui a bella vista. Metterle oggi sarebbe un insulto al loro sapore. Anche se la cosa non interessa anessuno. Ma come già detto in queste brevi righe, 'sti cazzi!

martedì 20 marzo 2012

Una stella tra le nebbie

Epilogo:

C'è una lanterna, e nella lanterna una luce, del colore di una stella
A illuminare le tue notti peste
Non è forte come la tua nebbia,
un grigio troppo compatto ti divide da lei.
Non l'avevi mai visto quel colore,
se non occhieggiare nei cieli d'estate,
anni luce lontano da te.

Però continua ad avvicinarsi.
Cosa si aspetta da te?
Non appartiene al tuo universo.
Nonostante ciò SAI che cos'è.
Devi solo alzarti, nuotare tra le dense nebbie dei tuoi mondi,
e raggiungerla.

I colori che ti restano...pochi esuli, pallidi, sbiaditi...
come?
Come possono danzare col colore di una stella?
La delusione della luce non la sopporterai.
Nuoterai lo stesso, tra i flutti di nebbia?
Affonderai le tue mani stanche tra i suoi raggi?
Nuoterai o affogherai?
Tu sai cos'è.
Ora nuota.
E poi danza.

E' dai colori che nascono le spine

Tutti questi colori, e non saperli usare.
Palpitano frenetici, incalnzadosi l'un l'altro, scavalcandosi, annullandosi in una sinfonia nevrotica.
Hai la tavolozza in una mano e il pennello nell'altra e senti le loro voci, acute e ammalianti, giovani e sconsiderate, chiedono solo di essere usati, non importa come, non importa dove, chiedono solo di avere una chance di vivere. E tu te ne stai lì, incalzata dai loro barbagli, tremante, a cercare la tonalità giusta, la modulazione cromatica che sia tua, che sia adatta a te. Che non ti ignori. Che non ti tramortisca. Che non rubi la tua aria e ti asfissi.

Poi ci provi. Ti fai coraggio e intingi il pennello.
E la gradazione che riesci a ricavarne è inaspettatamente perfetta. Un piccolo bagliore nel tuo mondo in bianco e nero, ma ti riscalda il cuore e tu gli dai tutto quello che hai per alimentarla, coccolarla, farla crescere. La nocciola dei tuoi occhi, il vermiglio del tuo sangue, lo screziato delle tue emozioni, il fuoco dei tuoi pensieri.
E' perfetto. E' una parte di te pur restando sè.

La tavolozza respira serena, ora. Ogni tanto ha un moto di impazienza: "quando ci riuserà? è troppo poco non vedi che hai solo quello?noi possiamo darti tutto, devi viverci però! Usaci, scema!".
Ma tu sei troppo presa dal tuo capolavoro. Il suo calore annebbia qualsiasi altro senso.
Non ti salva. Il resto del tuo mondo è bianco e nero, ma lui esiste e ti ha dato tanto cosa dovresti fare? Tradirlo? Lui non ti tradirebbe. Esiste ed esiste con te.
Ma tu gli hai dato tutti i tuoi colori più belli, ormai. Cos'altro puoi offrirgli? Ti resta solo il grigio delle tue giornate e la nebbia nei tuoi sogni.
E non li vuole.

I colori sulla tavolozza sono stanchi di aspettarti, tonalità acide latrano invidiose contro la tua mancanza di interesse. Li vedi scivolere oltre i bordi della tavolozza: vogliono scappare, cercano un pennello attivo, una mente vuota da ammaliare più facilmente. Nella tua c'è il magma rovente, è troppo dura cavalcarlo, chi si azzarderebbe a farlo? Farsi travolgere, bruciarsi per un brillìo astruso e invertebrato? No. Non ne vale la pena.

Tu li guardi andar via. Cerchi di fermarli, ma non c'è convinzione nella tua voce. C'è rassegnazione. "Tornate, datemi tempo, io devo imparare a usarvi, devo farvi convivere col magma! Guardate quanto è bello quando ci riesco? Avreste mai immaginato potesse esistere un colore così forte, totale, grande?!".
"E doviè?", sghignazzano quelli, velenosi "sei stata così tanto tempo a guardarlo che non ti sei resa conto  che ti ha prosciugata e se ne sta andando. Tornatene nel tuo mondo in bianco e nero, tornatene alle tue nebbie grigie, è quello che ti meriti".

Ora c'è solo un solco al posto del mio colore, tanto profondo quanto quello era bello.
E un grande "NO" di lettere di buio, un residuo della sua voce portato dal vento, vibra ancora  tra le nebbie grigie del mio mondo. Sempre più lieve, sempre più vago, sempre più nullo. Solo un ricordo e una spina nel cuore.

sabato 10 marzo 2012

Vento

Se ora avessi una macchina mi fionderei dentro questo tornado, attaverserei la furia dei fiotti, pur di uscire e andare in qualsiasi dannato posto che non sia nelle vicinanze.
Invece, il vento dovrà rompere le sue appendici ovunque tranne che su di me, stasera, nessuno mi vedrà metter piedi fuori di casa.
E sapete qual è il bello?
Nessuno se ne accorgerà.

giovedì 1 marzo 2012

1 Marzo

L'ennesimo marzo della mia vita. E non so che farci.