sabato 28 aprile 2012

Fannie Flagg - emerita scrittrice

"Stai sempre a leggere cose pesanti. Ma leggi qualcosa di sbarazzino e leggero qualche volta va'!".
Queste - delicatissime - parole mi hanno spinta a variare le mie abituali scelte letterarie e a leggere questo libro. Mi erano state decantate lodi e pregi di Fannie Flagg, "fantomatica dea della parola, capace di creare ridenti ambientazioni alla Mulino Bianco, con pagine magicamente odorose di cappuccino e brioche all'uvetta, storie rette e personaggi de-li-zi-o-si, al limite tra sostanza di azioni e levità di spirito".
E io, piena di dignitosa abnegazione: "Mah, che le mie velleità filo-classiche mi tarpino in un intellettualismo pregiudizievole, il male di ogni lettore? Suvvia, tentar non nuoce".

Così mi trovo a seguire le roboanti (proprio) avventure di Dena, la protagonista di questa eccelsa tragicommedia (ebbene sì, anche nel Mulino Bianco c'è del tragico): una superbellissima, superbiondona, superintelligente, supergiornalista superfamosa e (che te lo dico a fare) superingambissima! Ma non fatevi ingannare: ha anche uno spirito profondo, inquieto. Lei... che passa il suo tempo a far cose straordinarie ahò, mica scherziamo qui! La nostra protagonista è fuori dai canoni stantii della normalità, è brillante, intraprendente, mai banale, in una parola è sorprendente. Trascriviamone un rappresentativo spaccato:
"Da bambina passava ore a guardare la gente attraverso i vetri della finestra. Lo faceva dagli autobus, dai treni in corsa: guardava la gente dentro le case e le sembravano tutti felici e contenti. Le sarebbe piaciuto entrare anche lei in una di quelle case, ma non sapeva come fare."
Uau. No, dico: U-A-U.Cosa c'è al mondo di meno banale?! Sapreste dirmelo? No, scommetto di no.

Abbiamo poi i parenti di Dena, che con la storia non ci azzeccano una mazzafionda, ma la loro presenza giustifica il paese del Mulino Bianco, con la casetta profumosa e linda e il giardinetto e l'amichetto vicino e tuuuuuuutto l'amore del mondo convogliato lì. A queste persone capitano cose prive di qualsivoglia senso in questa storia e in qualsiasi altra storia concepita da essere pensante. In questo mondo e in qualsiasi altro. Ovvero, non capita loro assolutamente niente. A parte che mangiano la marmellata di Kiwi.
Eh sì, ma che vi aspettavate? Queste sono le atmosfere magiche della Flagg! Tutti impeccabilmente bonari e sorridenti a mangiare marmellata di kiwi. Puoi prenderli a padellate sul grugno e non alzerebbero mano contro di te se non per porgerti calorosamente l'altra guancia. Chi non vorrebbe vivere a Elmwood Springs?! Potrebbero sembrare degli psicolabili, ma no no no, non Fannie Flagg, non nel regno del Mulino Bianco!

Altro personaggio fondamentale - senza di lui la trama ne risentirebbe troppo, sarebbe un altro libro, mamma mia no! meno male che esiste!- lo psicanalista Gerry, che si innamora pazzamente e irrimediabilmente della nostra protagonista nonostante non l'abbia frequentata mai. Se non durante le sedute di psicanalisi, in quanto Dena è una sua cliente.
Sì sì, esattamente: è un transfert al contrario, quello che abbiamo qui. Non è geniale?! Un colpo di scena dalla nostra Fannie! Chi se l'aspettava? Ah, io no di certo. Chi poteva immaginarsi che un uomo mediamente intelligente e NON MALATO DI MENTE, potesse provare vero e sacrosanto amore per una sua paziente, senza neanche esserci uscito insieme eh, (non scherziamo! Lui è puro non fa queste cose!) e dichiararsi, per telefono, per poi restare invaghito di lei per anni anni anni senza che la veda neanche più. E perfavore, voi, che state sempre a cercare un viluppo sensato e una storia d'amore intelligente! Questa è magia. M-A-G-I-A.
Ma vediamo il momento agognato del coronamento dell'amore vero. Sesso, per intenderci. E vediamo come la nostra grandiosa scrittrice, maga delle atmosfere pennellate, fa la sua magia. Shh. Suspance:
"La mattina dopo, Dena si svegliò per prima e lo vide ancora addormentato col suo pigiama azzurro. Non avrebbe mai capito come, ma un attimo dopo stavano facendo l'amore, e per essere la prima volta fu davvero soprendente. Non si aspettava che lui fosse così appassionato, e neppure di lasciarsi andare fino a quel punto. Da quanti anni non andava a letto con qualcuno da completamente sobria? Fu un'esperienza nuova e molto piacevole."
Questo è scrivere signori: Dena non si aspettava che Gerry fosse appassionato. E neanche noi! Grazie Fannie, grazie per avercelo descritto così limpidamente. E per averci intrigato con tanto portentoso desiderio: "per Dena fu un'esperienza molto piacevole". E che vuoi di più dalla vita? "un'esperienza molto piacevole", mica bau bau miccio micio. Immagino tutte le donne a questo punto della storia, rodersi il fegato per non essere nei panni di Dena, tra le braccia di tale portento di passione.

Ma Gerry? Dopo anni a sognare questo momento? Cosa pensa il focoso Gerry? Diccelo, Fannie:
"Gerry, che immaginava e sognava quei momenti da mesi, ne fu altrettanto meravigliato: la realtà aveva superato di gran lunga le sue fantasie... e non erano fantasie da poco".
Basta. Stop. Fine. La sottigliezza della Flagg, non ha paragoni: poteva descriverci quello che è successo tra le lenzuola, ma che intollerabile banalità! Che caduta di stile per lei e le sue magiche ambientazioni! Inoltre, se neanche Gerry poteva immagirnarselo visto che "la realtà aveva superato di gran lunga l'immaginazione" (di gran lunga, prego nota bene), figurarsi una povera scrittrice che si è ritrovata lì per sbaglio!
Ehhhh Gerry Gerry, sei un mascalzoncello! Anche le tue fantasie "non da poco", noi esseri spartani possiamo solo sognarcele, non sia mai che Fannie Flagg, emerita scrittrice, si azzardi a fare una sola volta nel libro, qualcosa che gli emeriti scrittori solitamente fanno: scrivere quello di cui parla. Che poi, in 500 pagine non parli assolutamente di niente, è un altro discorso.

Morale della favola: voi vi tenete i vostri "libri leggeri", le storielle sciape, Fannie Flagg - emerita scrittrice e il suo paese di psicotici, che io mi tengo i miei classici e i miei mattonazzi pesanti e incomprensibili ai più.

E siete pregati di non frantumare più la mia gioia di leggere, propinandomi codeste corbellerie solo perchè siete affetti da abulia sentimentale.
Grazie.

domenica 22 aprile 2012

La famiglia Smargiassi

Domenica mattina. Una tizia a caso si gusta il suo cappuccino superiperschiumoseggiante svirgolando tra le conversazioni-tipo facebookiane.
Così. Giusto perchè la tizia a caso ha bisogno di ringalluzzirsi un po', di ricollocare le cose del mondo nella casistica che spetta loro di diritto. Ultimamente se ne sono andate a zonzo per i fattacci loro, le cose del mondo, non che non l'abbiano sempre fatto, ma il troppo stroppia. Serve ordine. E gli inquietanti abitanti del suo ridente paesello, si prestano ottimamente alla bisogna. Le loro conversazioni - accomunate per pensieri brillanti, tormentati, profondi- in particolare, comportano un doppio, combattuto esito nell'animo della tizia a caso: vergogna e disperazione per lo stato in cui versano le ultime generazioni italiane; sentita riconoscenza per la loro illimitata stupidità che compensa le sue carenze e le rende quantomeno accettabili. Con buona pace del suo ego e del suo senso di perenne inadeguatezza.
La tizia a caso non poteva esimersi dal lasciare in ombra conversazioni capaci di scatenare esiti tanto potenti. Quindi la riporta. Opportunamente truccata. Ma ricordate: lei è solo il mezzo, l'ambascitor che non porta pena. Il resto è tutta raffinata farina tratta dal sacco dei facebookiani abitanti del ridente paesello di Montesega, incastonato a valle tra Monzero, Montesega superiore e uno zaffiro grezzo di mare adriatico (con gli esplicativi sottonomi romanzati di "Nullandia" e "Il regno delle pinzilacchere").
Precede un breve excursus-vitae dei personaggi coivoilti nel dramma, gentilmente offerto dalla tizia a caso per una maggiore compenetrazione del lettore in eventi, cose, luoghi e persone.


La famiglia Smargiassi
commedia degli orrori, non adatta ai deboli di cuore
appartenete al filone "Chi non vorrebbe crescere a Montesega, il Regno delle pinzillacchere!"

Personaggi della commedia:
  • Zeta, la più piccola dell'importante famiglia Smargiassi. Studia. Non caga senza scriverlo su facebook.
  • Mollìca, secondogenita Smargiassi di cinque sorelle, occhi porcini stillanti staffilate di malignità.
  • Anacreonte, marito di Mollìca, avvocato di famiglia d'avvocati. Due figli strillazzati ovunque.
  • Pennula, terzogenita, borghese berlusconiana senza scintilla di carattere, compensa con chioma leonina e presunta bellezza d'altri tempi, tende a comunicare tramite amorfi capi griffati, uno stile tra signora Rottermaier e Burberry, e il costante riferimento al suo prendere/perdere peso. Sposata con Rozzo-man, panzone semiavvocato, fratello del marito della sorella maggiore Mollìca. Un figlio vantato con sussiego, un anno, nato lo stesso giorno dell'uomo venerato in casa Pennula: Berlusconi.
  • Liutica, primogenta, bigotta, sposata con Bamboccio. Nessun figliolo pervenuto per ora. Presenza inattiva in questo atto.
  • Gannella, sta per sposarsi. Non presente nell'atto.


Sabato sera. Facebook. La sottile capacità espressiva dei messaggi, le allusioni celate alla poliedricità dei luoghi paesani coperti, lasciano intendere, non richiesto, l'avanguardia dei mezzi di comunicazione scelti per comporre i messaggi. Le parole centellinate in un minimalismo caratterizzante l'animo angusto e anomalo del personaggio.

Stato facebook di Zeta "Mi mangio il plumcake di cioccolato! Yeeee!"

Mollìcado ve'? chi ce l'ha? ne voglio un camion!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! scherzo scherzetto!!!!!!! (Durante lo scambio si capirà, un climax nel climax, che è Anacreonte a impossessarsi del contatto facebook della moglie (un atto di attiva ribellione verso l'immota casta giuridica che rappresenta? o solo un tentativo di riappropriarsi del titolo di patriarca sottrattogli dalla moglie-commander?). Notare gli errori di grammatica e scrittura nella frase, la pateticità dell'intervento: rovesciano la dignità dell'avvocato rinomato riducendolo a un esimio ignorante e insinuano il costante dubbio che, dopotutto possa essere la stessa Mollìca a parlare, per un rovesciamento di persone e luoghi che non trova mai modo ti chetarsi nel viluppo dello scambio comunicativo in atto).

PennulaIo da lunedi prossimo mi metto a dieta, per uscire stasera mi saro' cambiata 10 volte (Tipico intervento alla Pennula: fuori contesto, privo di spirito, votato all'Io più superficiale. Il riferimento costante al fatto che la sua bellezza è stata intasata dai kili presi in quel del pasqua-time, la necessità di farlo sapere per giustificarsi e di perderli per riappropriarsi di uno status autoassegnatasi, l'unico abbordabile dai suoi limiti d'intelletto e di essere. Vanità che lotta per essere qualcosa di tra il gregge uniforme, esemplificata dal numero 10.)

Mollìca (Anacreonte): ahahahahahahahaahahahah che ridere!!!!!!!!!!!!! (La pochezza nell'inutilità di parole e onomatopee che sincretano Mollìca e Anacreonte, come quella parte l'uno dell'altra che in un matrimonio di facciata, faticano altrimenti a essere).

Mollìca (Anacreonte)come sei grassa. Noi mangiamo pesce alla cacciatora stasera. Ana. ***. (Humor disperato, raschiato dal fondo di un'ironia inesistente, ma elargita con costanza e convinzione. Il fallimento dell'intento ironico svela le idiosincrasie della famigliola - non dimentichiamo che Pennula, che Anacreonte taccia scherzosamente come grassa, è la sorella di sua moglie, nonchè sposata con suo fratello, Rozzo-man - così palesemente costruita sulla vuota convenienza, da permettere a malapena di convincere loro stessi dell'esistenza perfetta che conducono, tutti loro, sempre insieme. Notare la necessità di riappropriarsi della propria persona nel momento in cui agisce l'elemento spiritoso che lo contraddistingue: si firma con le sue iniziali, nome e cognome, alla fine del messaggio sotto nome della moglie).

PennulaIo antipasto di mare, calamaretti e pesce persico all griglia. siamo al Cantagallo (Inquietante come Pennula riesca a esplicarsi in così poche e povere parole. La necessità di avvisare che la loro perfezione si manifesta nella cena a base di pasce nel rinomato ristorante, immancabile al sabato sera, e la precisazione: "sono ingrassata? ma guardate, io mangio sano!", la rendono il perfetto prototipo della donna di Nullandia: sibaritica, impersonale, dal percorso di vita prescritto e compiuto come da prescrizione. Inoltre usa la prima persona per affermare la sua possenza e importanza egoistica. Solo quando deve dire il nome del ristorante famoso, coinvolge il povero marito, Rozzo-man: non starebbe bene stare sola a un ristorante non senza il marito che la completa, ma solo come figura sociale).

Mollìca (Anacreonte)cazzo voglio andare anche io  (Slancio incontrollato che fa fuggire Anacreonte dalle cesoie del bon ton borghese per riafferrarle immediatamente. Evento sofisticato, pacato, privo di aspettative, borghese, mondano, si mangia. Anacreonte lo vuole, e si lascia andare sperando di creare un altro intermezzo ironico-rozzo (allusione velata al fratello?), ma si ricompone immediatamente aggiungendo...).

Mollìca (Anacreonte): voi pesce persico surgelato e la persia fate voi. Noi pesce prete alla cacciatora con patate al burro ed una bottiglia di Camir di Ganate. Andate a vomitare il Cantagallo.... (L'exploit che il tema del dramma tutto. Il perfetto, rinomato avvocato, che trova da invidiare al rozzo e meno "arrivato" di lui fratello. Forse perchè la moglie del fratello Pennula, sorella di sua moglie Mollìca, è più procace, laureata, e impegnata nella comunità al punto da candidarsi - anche se ha ricevuto una sonora batosta, ma questo è un altro geniale atto della commedia - e quindi destabilizza il suo ruolo prescritto di dominatore, di vincitore? Il tono di leggerezza ironico è quasi scomparso, ne resta traccia ma senza presunzione di essere riconosciuto: "guarda Pennula - sembra dire Anacreonte - voi sarete pure al vostro ristorante di sabato sera, ma noi, ah noi mangiamo pesce pregiato e beviamo vino di qualità. Ci fate un baffo, ci fate!". Le frasi prive di senso denotano l'accavallarsi di una risposta frettolosa e aggressiva e anche, nuovamente, la fatuità del suo stato di maschio alfa. L'errore nel vino pregiato è indicativo in questo senso: è Camyr, non Camir. E' lo sfaldarsi dell'apparenza della famigliola felice, della persona di mondo e di sussiego.)

Pennula: ahaha (Risata appena accennata, algida e sofisticata per mantenere intatte più tra loro che tra chi leggerà la conversazione pubblica, la saldezza della moralità della loro famiglia, dei loro rapporti, delle loro persone. Neanche a una poco sveglia come Pennula è sfuggito l'attacco. E Il "grassa" canzonatorio non può non averla corrucciata: perde lo status, perde quel che ha, perde quel che tutti credono che abbia. La fine di Pennula.)

Mollìca (Anacreonte): che ti ridi! E' meddio u andavi aru Capicolli (Anacreonte sa di aver colpito e destabiizzato. E' tornato l'uomo alfa. In dialetto, lo sputa in faccia a Pennula(odiata Pennula? Lo spettatore deve stabilirlo, le relazioni si prestano a varie interpretazioni che la conversazione evidenzia e cela nello stesso tempo), dicendo di andare da un'altra parte ovvero un locale di parenti, altro che uscita di classe! Inutile ridere per Pennula.).

Mollìca: Tutto questo ha scritto Anacreonte (Mollìca riporta lo status quo. Si riappropria del suo contatto e della sua identità di matriarca. Mette apposto il maltolto affermando che era "piacone zuzzoloso" del marito a scherzare, non lei che attaccava la vetustà incalfibile di una sua sorella. Lo fa con un italiano scorretto e stentato, troppo per lei cedere alla seduzione delle parole. E ora la commedia può continuare.).