martedì 30 novembre 2010

Il fumetto che non è mai stato (che deve ancora essere - che mai sarà) scritto




Nella mia testa, la mia vita si visualizza come una graphic novel dove ciò che accade, accade solo nella testa della protagonista cioè io, e così via, una specie di concatenamento infinito e ricorsivo di pensieri, eventi e situazioni che alla fine tornano al punto di partenza non avendo questi altra evoluzione possibile che il “punto di domanda” iniziale. Senza risposta.
Qualcuno, in una delle finestre mentali che mi si aprono davanti gli occhi abitudinariamente, mi disse che la risposta, la sola risposta alla sola domanda possibile sulla vita, l’universo e tutto¹, è 42. Sto ancora valutando la possibilità che possa effettivamente essere così. Mancano altre 38 valutazioni prima di arrivare alla quarantaduesima. Ci vorrà un po’ di tempo.

Anche a schematizzare e studiare i quattro libroni di Filosofia della mente ci vorrà un po’ di tempo immagino. Ma.
Ma potrebbe aprirsi una porta interdimensionale e creare una bolla di tempo alternativo a quello che scorre testardo sulla Terra e concedermi tutte le ore di cui abbisogno per superare l’obnubilamento che si innesca, puntuale come un boia, ogni mattina quando apro libro.
Perché no?
E’ possibile. Ci sono tante cose inizialmente incredibili che succedono nel mondo e sono tutti pronti a ricredersi subito dopo, a fare ammenda. Caproni. Neanche fede nei propri errori hanno. Sbagliate? Pazienza. Mantenete la vostra posizione quantomeno. Invece di risultare codardi oltre che ignoranti. Bah.
Questo al momento non interessa i fini della mia dissertazione, comunque.

Riprendendo dalla bolla di tempo alternativo, regalo di Cronos, esattamente questa immagine è quella che visualizzereste se vedeste la proiezione di una delle mie vite alternative. Nella vita reale, l’unico spettacolo che posso offrirvi è quella di me, avvolta nell’ormai famoso pail, rannicchiata sul letto, con la testa stretta tra le mani e gli occhi puntati verso il basso, tra le mie gambe. Perché ci tengo il quaderno. Tra le mie gambe. Incrociate, le gambe. Mica altro. Ci terrei anche altro, ma al momento posso permettermi solo il quaderno. Ci terrei un libro comunque. Tra le gambe, o un fumetto. Non quello a cui si può pensare. Qualcuno potrebbe pensare che io stessi pensando di tenere qualcosa che non è un libro tra le gambe. O un fumetto. Beh non è così. Qualcuno sbaglierebbe.

In ogni caso.
La mia vita rappresentata come in un fumetto non sarebbe male, perché se come vita fa schifo, come fumetto (o libro, o graphic novel) non sarebbe male. Il che dà molto a cui pensare. Dovrei essere fatta di ink&words² e incastonata tra le pagine di un volume rilegato, invece di essere scastonata qui…dovunque sia questo qui. Forse provengo da lì e mi sono persa qui. Dovunque sia questo qui. E ora non so come tornare lì. Potrebbe essere la spiegazione. La risposta. La pagina 42 è quella alla quale sono sfuggita. Ci sarà un buco grande quanto una casa….
Dà molto a cui pensare non perché sarebbe il capolavoro del secolo una storia su di me. Ma io la leggerei. Forse non faccio testo perché sono di parte, ma sono il lettore dai gusti più affidabili che conosco. Quindi, dopotutto, faccio testo.

Che cosa abbiamo imparato oggi?
Che la vita adatta a diventare un libro o che crea libri e vive di libri, è inadatta alla vita reale e se qualcuno nel reale si trova fuori posto o qualcuno si trova fuori posto nell’immaginario è perché si sono sbagliati e invertiti i ruoli. Io quindi dovrei cercare la puttana o il puttano che mi ha defraudata della vita incastonata tra le pagine ecc ecc…rispedirlo/a in questo cesso, e riprendermi il legittimo posto che mi spetta di diritto nella mia storia.
E dove lo trovo, mò? Il posto, il libro, il puttano?

Questa (e altre, invero) brillanti deduzioni sono soggiunte fortuitamente oggi pomeriggio, alle 16.04³, un dono imprevisto, ma benaccetto (per carità!) come potrebbe essere un regalo di Santa Claus a Ferragosto.
Me ne stavo beatamente stravaccata sulla sedia ad annuire mentre la mia cuginetta coetanea e omonima (e basta…non condividiamo altri coe né omologazioni varie… grazie al grande Turmanishev), ciarlava di qualcosa che riguardava il suo talento riconosciuto dai più (pare), al tirocinio che frequenta e dove fu fortemente voluta (pare), il suo nuovo appuntamento con un tizio da accalappiare per condurre un giorno a nozze (pare…. pensi molto a questo ultimamente…e non manca mai di ricordarmelo, che carina…) e di altre cosucce sue, tipo recitine e provine di corini in chiesine e catechistini vari. Che ne so. L’importante era annuire e azzardare una sgranatina di occhi qua e un ammiccamento complice più in là. E lei continuava tranquilla a ciarlare e a rimpolpare d’acqua il suo mulino (non si dice mica rimpolpae…mmm qualcos’altro l’acqua del suo mulino, insomma), permettendo agli ingranaggi della mia testolina di svignarsela in sognati altri paesaggi.
Da qui l’analogia alle nuvolette di un fumetto, che poi sarebbero le famose finestre che mi si spatacchiano davanti in ogni momento. Da qui ho iniziato a pensare che questa sarebbe la scena ideale in un fumetto: Tizia ciarla, Sempronia evade in nuvolette silenziose, quelle con le palline, non con la virgola, a indicare il punto di provenienza della nuvoletta. Da qui l’idea che io sia più Sempronia da fumetto, che da vita vera. Da qui la dissertazione sulla possibilità di uno scambio di persona/immagine-fumettistica. Da qui la conclusione che devo ritornarci nel qualsivoglia libro, fumetto, graphic novel.

Da qui ho passato tutto il giorno a vedere ogni cosa davanti, sopra, sotto di me nonché dentro la mia testa come si stesse srotolando in una serie di stringhe disegnate che si succedono nella storia di un fumetto. Quelle relative alla conversazione-monologo con-di mia cugina sono pressappoco queste:
  1. io che vedo tante nuvolette in cui sempre io sono disegnata e agisco altrimenti in una vita alternativa;
  2. io che mi sento una nullità perché mia cugina mi conta e racconta i suoi pseudo-successi perfetti per la sua età mentre io di successi non né ho né perfetti né imperfetti, né per la mia età né per altre;
  3. io che mi intenerisco perché non è poi così male mia cugina, magari non la persona più interessante della terra, magari neanche quella più originale, magari con dei gusti nel vestire discutibili (oddio il foulard legato al collo, il golfino con i cuoricini arricciato alle maniche e i pantaloni a sigaretta su scarpe hogan, oddio oddio oddio non si può guardare, perché mai si ostina a vestirsi da vecchia, dalla tenera età 11 anni ormai…), magari con dei gusti discutibili in tutto il resto delle cose, ma è tutto perdonabile. Soprattutto oggi che si è trattenuta solo 20 minuti…;
  4. io che penso che è tardi e che devo studiare devo studiare studiare studiarestudiarestudiarearearestudiarestredarestuadiarestudiare;
  5. io che azzanno il calzone grondante pomodoro e funghi e mozzarella e prosciutto cotto che sta mangiando davanti al mio stomaco pieno solo di due pere e un mandarino;
  6. io che corro sulle nuvole con dei rollerblade;
  7. io a un concerto degli Who;
  8. io che sogghigno della battuta di qualcuno (? Boh);
  9. io che ballo il boogie.

Basta.
Non ho più niente da dire.


¹ E s’impicchi con corda chiodata dopo aver ingerito dell’acido, chi non sa di cosa parlo.
² Mi piace come sigla, la inciderò su una maglietta accanto A “I’m  mess” e “Destroy”.
³ Fondamentale precisazione storica per i posteri: erano le 16.04 secondo l’orologio della mia cucina che mia madre continua imperterrita a mettere avanti di 5 minuti, quindi secondo tutti gli altri orologi non manomessi dall’imperterrita smania temporale della mamma mia, erano le 15.59. Fine precisazione.

L'intelligenza sale, allora la felicità scende

Uno dei miei episodi simpsoniani preferiti è quello che vede Homer divenire improvvisamente intelligente grazie alla rimozione di un pennarello che aveva incastrato nel cervello fin dall’infanzia quando se lo spinse su per il naso. Smessi i panni del beato beone che era, comincia a non divertirsi più per le corbellerie che sembrano intrattenere le persone normali (normalmente e unanimemente stupide più che altro, fa intendere Groening) e che tanto lo entusiasmavano prima, cerca quindi conforto e sfogo in interessi più intellettuali come i libri e questo lo porta ad avvicinarsi e ad apprezzare sua figlia Lisa, prima tanto lontana da lui.
E’ uno degli episodi delle stagioni di mezzo dei Simpson, in cui tutte le puntate sono belle in realtà, intelligenti, taglienti, magari viste e riviste decine di volte, ma che non smetti ma di ri-rivedere con piacere anche se le conosci oramai a memoria, battuta per battuta.

Sono tante le ragioni per cui amo questa puntata, oltre che per l’acume, caro ai Simspon, con cui argomenti e dialoghi sono trattati. In primis il fremente sollievo e l’esaltazione con cui Lisa accoglie finalmente qualcuno della famiglia così vicino ai suoi canoni intellettivi, interessi, modi di essere, visto che la sua diversità l’ha sempre resa sola. E’ una cosa che ho sempre desiderato anche io e situazioni del genere, che siano audiovisive o letterarie, mi incantano sempre, come è ovvio. Solo che nel mio caso, il pennarello dal cervello, non è stato tolto a nessuno della mia famiglia. A nessuno nel raggio di 200 kilometri, pare.
Una scena in particolare dell’episodio mi è rimasta impressa fin dalla prima volta che lo vidi: quella in cui Homer è sconvolto dalla reazione ostile dei suoi vecchi amici al suo nuovo stato di brainy man e rattristato dal fatto che questi lo scansano e isolano. Lisa gli spiega con serena rassegnazione che è perfettamente normale, che la relazione tra intelligenza e felicità è inversamente proporzionale: come una cresce, l’altra diminuisce. E quando Homer le chiede come fa lei a vivere così, a sopportare tutto questo, perché lo fa, lei risponde che la sostengono e ne valgono la pena molte cose come la letteratura e il jazz.



Mi piace rivedere a iosa questa scena perché mi genera una sorta di conforto. Il fatto che ci siano persone che condividono esattamente il mio status, mi consola, non mi fa sentire completamente sbagliata. Che poi sia un personaggio dei cartoni o che io sia comunque un disastro di essere umano non viene messo in discussione. Ma se qualcuno ha formulato che più sei intelligente meno sei felice oltre a me, allora deve essere così. Allora è vero e poco c’è da fare. Se poi a farlo è Matt Groening che considero un genio indiscusso e per cui nutro una stima sconfinata, mi conforta ancora di più.

Posso quindi ripensare con maggiore leggerezza alla sala del cinema stipata, quando qualche sera fa sono andata al Warner Village a vedere Harry Potter e i doni della morte, stipata di famigliole, gruppetti di amici, coppie in amore, coppie di compagni, coppie e basta.
Per l’ennesima volta mi sono sentita un’anima persa, ambigua, incerta, informe, come una domanda aperta cui nessuno troverà mai una risposta. Con quel groppo in gola che non scende giù fino a sfaldarsi nello stomaco, né si scioglie in lacrime. Che arrossa solo un po’ le guance, accese nel buio che ti cela in quell’angolo all’entrata mentre tutti si accalcano, parlano e ridono, mentre tu, piccola piccola, accoccolata più che puoi su te stessa per non urtare nessuno, cerchi di confonderti con la tappezzeria.

Li ho osservati tutti, uno a uno quelli che mi passavano davanti. Speravo, invero, che la magia di Harry si spandesse dal maxischermo e si perpetuasse in sala, illuminando qualcuno come me, di qualsiasi età, sesso, religione, forma. Magari, solo non per i miei stessi motivi, ma solo, che ne so, per rivedere il film venti volte. Invece niente, nada, non ce n’era uno spaiato neanche a pagarlo oro! E’ assurdo…passi che non ci sono persone come me da queste parti, ma che addirittura tutti trovino qualcuno con cui andare al cinema ha del miracoloso! Sarà che per me è stato sempre così difficile trovare qualcuno che venisse a vedere uno dei miei strambi film insieme (passi Harry, per quello a volte li ho trovati, dopotutto è sempre  uno dei film più chiacchierati della stagione). Perciò lo trovo
miracoloso. Sono bravi, non ci piove. Degli artisti, altrimenti come farebbero a districarsi così bene in una missione così ardua come quella di trovare qualcuno con cui andare al cinema?
Eppure vi riescono. Tanto di cappello.

Per testare il mio grado di invisibilità che quando sono sola al cinema diventa più evidente ed efficace del solito, come se avessi indosso il mantello dell’invisibilità (sempre per restare in tema Doni della morte), sperimentatrice cinica e masochista, mi sono seduta a uno dei tavolini alti nella penombra riverberata dalla luce a led degli schermi. Con quale macabra soddisfazione mi sono resa conto che il mio esperimento autoreferenziale dava gli esiti previsti al punto che chiunque passasse sembrava neanche notare la mia presenza. L’invisibilità raggiunse livelli camaleontici da cacciatore provetto in safari nella savana più selvaggia, quando un gruppo di gracidanti liceali venne a sistemarsi proprio al mio tavolino! Proprio come se io non ci fossi, sedevano intorno al mio stesso tavolo e parlavano tra loro ignorando totalmente la mia presenza e sbocconcellando popcorn. Arrivai - beffarda ormai non riuscivo a non sghignazzare vista l’ilarità tragica della scena - addirittura a fissare intensamente qualcuno di loro, casomai notassero la mia presenza come quella metafisica di uno spirito, percependo anche solo quel prurito alla base della nuca che ci dà l’indizio di essere osservati. Invece niente.
Esperimento riuscito al 100%.
Io non esisto al di fuori della stretta cerchia familiare che deve sopportarmi o dell’ufficiale garanzia di timbri e documenti che mi rendono abbastanza palpabile. Qualche ragazzina spumeggiante e anonimamente modaiola, mi ha anche fissato interrogatoria e alquanto schifiltosa, ma un attimo, come si osserva la strana conformazione che le venature della parete sembrano assumere a richiamare una forma. Poi ha dissolto lo sguardo dimentica della strana forma.

Secondo la teoria di Lisa, chiamiamola così, essere quella che sono, ha come conseguenza cinema in solitaria, per lo più. Ma siccome sono orgogliosa di quello che sono e di ciò che le mie scelte mi hanno portata ad essere…Ehi, un momento. Ma io non sono affatto felice orgogliosa di quello che sono, è qui che sta l’inghippo! Non sono così intelligente e capace e studiosa come Lisa e non sono neanche una beata beona, quindi chi stracacchio sono?

lunedì 29 novembre 2010

Giro di boa


Non potrò più scrivere per un po’ ahimè. Questo vuol dire eliminare l’ultima valvola di sfogo rimastami. Ma devo impormi meno distrazioni possibili.

Anche se non saprò niente dovrò dare questi esami e l’ansia mi attanaglia. Non so come fare. Studiare così non è salutare, non è niente è solo una tortura. Perché deve essere così difficile solo per me? Eppure studio volentieri generalmente, mi piace. Ma perché quando c’è da complicarsi la vita sono così pronta e così brava. Voglio essere libera, non voglio più vivere con questa spada di Damocle dell’università che mi pende sul capo. Non capisco quando e come è diventata questo. Se ripenso a come ero entusiasta quando iniziai a studiare all’università…di chi è la colpa di quanto è successo?
Del mio corso fasullo e difficile?
Di coloro che mi sono sempre stati col fiato sul collo guardandomi accusatori e soppesatori con occhi felini, fosforescenti tra le tenebre?
O solo mia?
Non può essere del mio corso perché per quanto tragico è stato affrontato e superato brillantemente da molti altri.
E non posso neanche alleggerirmi la coscienza pensando che la colpa sia delle persone che mi circondano, è solo mia, ahimè. Anche ora nonostante cammini sul baratro non pongo rimedi per allontanarmi e mettermi al riparo ma continuo a camminarvi a filo, sperando, quasi di cadervi per potermi abbandonare alla disperazione che per quanto mi faccia paura, è anche stranamente e pericolosamente confortante.
Accettare il fallimento. Non cercare più di combatterlo perché tanto fa parte di me non posso contrastarlo in eterno e vivo male provandoci di continuo.
Forse è per questo che la mia vita è stata una tragedia: perché ho cercato di lottare contro i miei continui fallimenti in una lotta infinita, cozzando sempre con la sconfitta. Devo arrendermi? Devo accettarlo e lasciare che mi conduca come un lento e mortifero Gange, alla realizzazione del mio destino?

Non lo so.
Dieci giorni sono così pochi.
E io sono così sola.
Come faccio ad affrontare tutto questo così sola con i fumi della paura e l’ansia e quella voce stridula che mi ripete quanto è inutile, quanto io sia inutile, nelle orecchie?
Come farò?
Eppure dovrò provarci. Fino a metà dicembre non aprirò neanche il computer se
non in casi disperati. Ma voglio almeno scrivere qualcosa nei prossimo due giorni: novembre ho scritto anche un solo stupido rigo ogni giorno e questo mi piace. Concluderò il mese e riprenderò a scrivere assiduamente dopo gli esami. Non oso neanche pensare a che ne sarà di me. Allora.

Intanto mi godo questa luce arancione che inzucchisce la sfera-quartiere arginando con fiochi fumi luminescenti il nero d’inchiostro che ci assale dai prati. Sembra che un enorme camino riscaldi e rifranga le sue fiamme su ogni cosa. Solo che niente si muove. Ognuno è in casa propria, egoisticamente e fieramente lontano dagli altri. Nessuno a godersi il tepore arrostito del camino nella zucca-quartiere. Solo il respiro del mio contorno avvoltolato in stati di felpe e maglioni, s’intravede nel vano del balcone.

La notte è già antica, ma non per me. Torno di là, da sola, a studiare. O almeno ci provo.

sabato 27 novembre 2010

Di come l'amore vero venne cancellato dalle ripercussioni della cretineria

E ne parlo oggi della conversazione su matrimonio et figli et amore et. (http://raspberryanarchy.blogspot.com/2010/11/mi-affaccio-alla-finestra-e-vedo-un.html)
Non che ci sia molto da dire ma non posso certo perdermi la ghiotta opportunità di assaltare la logica ambigua e materialistica e squallida di codesti presunti vittoriosi conquistatori del mondo.

Tizio in questione, un americano che con le banconote da 100 euro, non dico ci si pulisca il culo, ma non lo fa solo perché è più consono al suo status usare la carta igienica più soffice (per ripulire le sue chiappe delicate con vellutate carezze), più resistente (perché la popò di uno che produce oro al solo tocco remidesco della mano, pesa ed è arcigna, la maledetta, quanto l’oro stesso che produce) e più bella (oh…il suo destino sarà pure quello di essere scaricata in un cesso, ma dal rotolo al cesso deve pur fare la sua figura no? E sennò la classe dove si troverebbe? E quale sarebbe la differenza tra uno che la possiede, pardon che può permettersi il lusso di possederla, e uno che non può? Qui appunto, nel diverso uso della carta con cui ci si pulisce la popò dal sederino santo).
Non che io ricorda con precisione quale sia il suo mestiere. So che vive in Italia e ha residenza qui pur essendo di origini americane; so che lavora nell’ambito dell’abbigliamento, è direttore di una grossa catena di negozi e ha anche a che fare con Gucci e il mondo della moda, ma ho morfinamente dimenticato i dettagli compositivi della cosa. Di famiglia già benestante non è che abbia dovuto scassarsi le spalle per giungere lì dove giunse, ma ha un qual certo fiuto ferino per gli affari che non guasta in quest’ambito. E in tutti gli altri di ambiti a dire il vero.

Il suddetto coglioncello, ora all’apice del suo impero (finora eh…è ancora giovane “l’impero si estenderà ancora”, absolutlely! e in una parodia di star wars, anche…), a trent’anni ha percepito improvvisamente il bisogno di un figlio. Non di un amore, non di una compagna con cui condividere le avversità della vita, non di amare un piccolo essere da plasmare e a cui infondere tutto quello che può, trasmigrandolo dalla propria anima alla sua, come quegli animali che partoriscono e si fanno divorare dai cuccioli per vivore in essi e la loro vita indipendente cessa, perché la barattano per quella dei figli. Ah no!
Lui deve avere un figlio perché è GIUNTO ALL’ETA’ GIUSTA. Quindi, invierà prossimamente un fascio di 100 rose rosse alla donna che ha lasciato dopo anni di fidanzamento perché si era seccato, affinché questa torni con lui perché, nonostante non la ami minimamente (e sarebbe inutile precisare che questo tizio non è in grado di provare un sentimento aureo e anticonveniente come l’amore), gli è venuto lo sfizio del figlio e lei è risultata PERFETTA allo SCOPO e quindi a diventare sua moglie. In quanto:
a)      si conoscono già;
b)      è una seria donna lavoratrice e guadagnatrice come lui;
c)      è la figlia di un suo fornitore;
d)     è più grande di lui quindi per mettere su famiglia non ha ancora moltissimi anni davanti e non può permettersi (sue parole) di fare la schizzinosa;
e)      lui è ricco, a lei conviene.

Ora, pensate alle ripercussioni che un quadro del genere possiede.

Ripercussione n.1 ovvero la stupidità:
Come si può pensare di mettere al mondo una vita solo perché il tuo orologio biologico e le consuetudini sociali condivise lo pretendono? Mi rendo conto che in realtà quasi tutti ragionano così o velano questo pensiero fisso - insieme a quello dell’età e della paura di restare da soli e ancora più serrante della paura di essere un/una fallita senza famiglia - con il desiderio di avere qualcuno accanto e di vivere una vita felice.
Bazzecole e pinzillacchere dico io. Perché un desiderio del genere è genuino e privo di contraccolpi egoistici solo se nasce in seguito a un amore forte, profondo e sincero o solo se segue il desiderio di un amore forte, profondo e sincero. Sei uno stupido se pensi di sposarti prima di trovare il vero amore. Sei uno stupido se pensi alla famiglia come a qualcosa che ti impedisca di vivere una vita solitaria. Sei uno stupido se pensi ai figli come qualcosa che ti riempia la vita.
No, cazzo!
Riempitela con pop corn al burro e fondant alla menta la vostra stupida vita. O palline di polistirolo già che ci siete. Un bambino è un essere umano troppo candido e prezioso perché sia solo un modo per soddisfare i vostri capricci.
“Unghè…sono una merda quindi metto al mondo un figlio così agli occhi miei, del mondo e di Dio non sono più una merda”. Soffocatici nella tua merda!
Altra versione: “Oh yeah! Sono il padrone del mondo ora mi serve un figlio per un po’ di tenerezza e per la discendenza”. Brucino i tuoi spermatozoi/ovuli minchione/a!

Ripercussione n.2 ovvero siamo bestie:
E’ inutile. Non c’è evoluzione genetico-culturale che tenga. Animali siamo e animali restiamo. L’istinto alla riproduzione è marcato in chiunque e prima o poi chiunque deve farne i conti. Non crederò mai a chi dice che non vuole figli, perché non è possibile. Come non omaggerò chi, con occhi colpiti, mi confesserà di desiderare un figlio sopra ogni cosa. Non vuoi un figlio perché hai lo spirito materno o un cuore colmo di tenerezza, ma solo perché questo è un istinto impresso a fuoco nei gangli più celati del parco genetico dell’uomo. Lo desideri perché vivi, esisti al solo obiettivo di perpetuare la specie. Poi, puoi decidere razionalmente di non farlo per carità, ma di certo non è vero che tu non lo voglia o che non hai mai provato il desiderio di figliare.

Ripercussione n.3 ovvero l’amore vero:
Che non esiste, tranne in casi davvero davvero rari.
Avere una fidanzata o un fidanzato non è essere innamorati.
Sposarsi non è essere innamorati.
Desiderare di possedere sessualmente qualcuno non è passione.
L’amore non lo trovi perché lo cerchi. L’amore succede ed è rarissimo che questo evolva in matrimonio. Il matrimonio è solo istituzione; la maggior parte dell’amore vero non ci arriva perché dall’istituzione viene smorzato e soffocato. Muore, è in antitesi con esso. L’amore non è farsi la casetta con la cameretta per il sospirato figlio.
L’amore è pura funzione, compenetrazione di animi. Comunque questa avvenga.
Nella maggior parte dei casi ci si sistema. Ci si accoppia. Ci si fidanza. Ma non ci si ama.
Peggio poi, nei casi come quello del cretino succitato, troppo lobotomizzato per riuscire anche solo a concepirlo il vero amore. E da qui passiamo alla ripercussione n.4.

Ripercussione n.4 ovvero materialismo vs sentimento:
E’ tutto qui: se la maggior parte del tuo cuore e del tuo cervello è allenata e usata per fare soldi, destreggiarsi da vincente nella vita sociale, essere un uomo/donna di successo o votato/a a frivolezze o non presunte tali, un sentimento puro e rifulgente come il vero amore non può trovarvi spazio, non può nascervi, si contaminerebbe e comunque non ci sono i presupposti per cui ciò avvenga, perché vero amore non può andare a spasso con una vita votata all’egoistico possedere materiale. Quello del “possedere qualcuno” non è vero amore è solo il risultato della tendenza ossessiva a padroneggiare più soldi, più potere e più cose.

Ripercussione n.5 ovvero
In una società dove un comportamento come quello del minchione di cui sopra viene non solo favorito, ma anche incentivato, la possibilità di trovare uno spazio per la nascita del vero amore, di trovare l’amore stesso, è pressoché nulla, tanto quanto quella di vedere una stella cadente se sei abbacinato dalle luci di una discoteca. Chi è in grado di dar forma a un sentimento tanto raro (e non parlo necessariamente di me, sia chiaro) e non si accontenterà del falso sogno di un amore da telenovelas, sarà costretto a soffrire attanagliato da colpe non sue, ma che a lui verranno attribuite. Persone meno “competenti” e meritevoli di lui in materia, troveranno un compagno per la vita perché è facile entrare nel complesso sociale e trovare il proprio posto se ci si adegua, e non sapendo che c’è altro questo gli sembrerà il massimo della perfezione perché è quella riconosciuta e utilizzata da tutti. Chi non si adeguerà sarà tormentato da un’invidia infondata e dal tragico dubbio che, forse, i materialisti burattini hanno sempre avuto ragione, che un fascio di rose rosse per la persona più adeguata a formare una famiglia sia la soluzione, che l’amore che sente di essere in grado di far esplodere per qualcuno che c’è, sa che c’è, da qualche parte, è solo fantasia e astrazione. Che forse se si fosse adeguato e se fosse sceso a compromessi, sarebbe stato più felice. Che può darsi non sia troppo tardi, basta diventare uno di loro, e accontentarsi di una blanda soddisfazione omologata e fasulla, pur di avere un figlio, che si accontenterà di una blanda soddisfazione omologata e fasulla, da scambiare per felicità.

E così tutti si trasformarono in burattini e ogni possibilità di vero amore venne cancellata dalla faccia della Terra.

venerdì 26 novembre 2010

Sensei non solo di me stessa


Ho una discepola.
Incredibile, ma vero.
Incredibile è che una ragazzina di 13 anni molto normale con le discutibili passioni dei tredicenni normali per Gabriel Garko (ammesso che possa essere normale una passione per ‘sta sottospecie di palestrato che recita come un mattone ed è bello come una bratta) e i Jonas brothers, possa scegliere come modello di donna e maestra di vita una come me che di vita non è che ne abbia molta e che comunque non è che rispecchi i canoni condivisi da società, tv e sue coetanee. Certo non che lei conosca i dettagli della mia sordida esistenza, non credo li comprenderebbe tutti, invero. Ma viene a casa mia spesso perché le piace sentirmi parlare, mi subissa di domande, vuole che le presti dei libri e chiede anche consigli sui fumetti. Mi ha confidato che le piace disegnare e che da quando mi frequenta grazie alle mie parole e ai libri e fumetti che le presto, prova lo stimolo continuo a disegnare paesaggi e personaggi che incontra nei libri, variando un repertorio prima molto ristretto. Oggi scherzando mi ha chiamato sensei, ha detto che sono il suo maestro di vita e di letteratura e di grammatica (perché le do anche qualche ripetizione visto che nella sua scuola fanno poco e niente) proprio come Kakashi per Naruto, Sakura e Sasuke.
Ha iniziato a leggere Naruto e ne è totalmente presa, in realtà suppongo che sia spinta a venire spesso a trovarmi dalla voglia di proseguire nella lettura e fare incetta di fumetti. Ma gliela perdono, in quanto mia discepola è chiaro abbia appreso la passione per le storie e la necessità bruciante di conoscerne evoluzione e dettagli, di perdersi nelle pagine e uscirne solo quando non ce ne sono più da far frusciare. Impara bene la cucciola. Ma la cosa che ha dello spettacolare e che mi lascia basita e deliziata e anche un tantino orgogliosa certo, è vedere quel luccichio attento nei suoi occhi, quell’ammirazione che si esprime in occhi sgranati e bocca aperta con cui avidamente chiede i dettagli e mi confessa che quello che le dico le piace molto e che vorrebbe essere come me da grande, che vuole essere, sue parole eh…non me le invento mica “intelligente, interessante, diversa da tutti e intrigante che sa tutte queste cose così approfonditamente e che ha un suo modo di vivere essere e vestire diverso da quello delle altre che sono così pallose”.

°_° ….. Ecco. Questa era la mia espressione mentre la bimbetta sciorinava elogi e ammirazione per me…no dico, avete capito? Per me! Per il mio strano e sbambollato modo di essere/vivere/sentire. Mi rendo conto che alle persone normali tutto questo può sembrare superfluo e che i ragazzini sono facili a entusiasmi e cercano spesso dei modelli a cui ispirarsi e li trovano negli adulti, ma certo non in me! Io non sono un modello, sono anzi l’antimodello più estremo che vi sia. Eppure lei pare non vedere i miei difetti, o le mie manchevolezze, o i miei fallimenti. Oppure li vede e non li considera. Oppure le interessano solo certi altri aspetti…non lo so… insomma che ne so. So che mi lusinga. Che mi piace. Mi piace che questa ragazzina dolcissima e abbastanza intelligente da voler crescere distinguendosi dalla massa, ha scelto me come suo mentore, come persona atta ad illuminarle la via, a fornirle le leggi base e le materie prime per aiutarla a costruire un mondo interiore che sia solo suo e il più ricco possibile. Certo qui intorno c’è la carestia in questo senso e il fatto che le sono spiccata all’occhio e l’ho stuzzicata e incuriosita le dà merito. Non è da tutti a quell’età e, diciamocelo, non è da tutti neanche in età più mature, apprezzare il diverso e volerlo conoscere e farlo proprio per vivere nutrendosi di esso. Arrivare addirittura a capire e condividere le mie scelte da adolescente, quando rinnegai i miei compaesani e coetanei per scegliere la strada più tortuosa e solitaria che ha portato a quella che sono, è davvero notevole. E’ stata lei a scegliere me come maestra e forse così dovrebbe essere piuttosto che il contrario: devi avere le carte se vuoi affrontare una strada indipendente.

Lei non cadrà nelle mie stesse fosse di sgomento e paura, non farà i miei stessi errori e non avrà i miei rimpianti, perché ci sarò io a indicarle la via e il cammino quando ne avrà bisogno come tutti gli adolescenti. Io non avevo nessuno. Ero smarrita, spaventata come un pulcino fradicio sperso al buio, sotto la tempesta che lo investe da tutte le parti. Se solo avessi avuto io alla sua età, una persona più grande a capirmi e appoggiarmi, guidarmi, un maestro o un’amica, quel pulcino forse non starebbe ancora qui a tremare. Mi sarei accontentata anche solo di qualcuno con cui parlare delle cose che avevo in testa, delle mie passioni, delle mie storie, dei miei libri, neanche oso immaginare quanto sarebbe bello avere avuto qualcuno a consigliare e fornire libri, musica, fumetti invece niente. Ho fatto tutto da sola. E non so se essere orgogliosa di questo, o piangere le lacrime che risalgono bollenti al solo ricordo di quella tristezza, di quella solitudine spaventosa. Molto più di questa che vivo in questo periodo della mia vita, perché questa è ponderata e consapevole, basata su robuste impalcature che so bene da dove provengono. Quella di allora era inaspettata, nuova, vorticosa, obnubilante, inspiegabile. Inspiegata da nessuno.

Tutto sommato anche io posso dire di avere avuto bravi maestri. Hanno popolato le mie letture prima, i miei sogni durante e le mie storie poi. Non è certo come avere un mentore in carne e ossa e affetto sempre a disposizione, ma con al giusta dose di fantasia e la giusta biblioteca si può compensare. In parte. Io voglio loro bene come fossero veri. Un po’ patetico, ma tant’è.
Renderò fieri i maestri dei miei sogni, sarò un bravo sensei. E se riuscirò a trasmettere quel po’ di erudizione e saggezza che la mia vita triste mi ha insegnato a questa giovane e promettente allieva, allora, forse, la mia vita non sarà stata del tutto inutile e gettata al vento.

E io gelo


Sono infinitamente tediata e annoiata. Non riesco neanche a trovare un film interessante da guardare e dire che ho passato una giornata a fare niente… E’ veramente pericolosa la strada che sta imboccando la mia già di per sé inutile esistenza.

Passata l’ultima vana e fine a se stessa ossessione sui vari gusti di kit kat che quantomeno hanno tenuto occupata la mia testa e questo parla da solo, invero perché il che la dice abbastanza lunga su cosa ci sia al momento nella mia testa, ovverossia il vuoto, considerato che può essere colmato con un tale nonnulla, comunque….
Passata l’ossessione è rimasto il niente che, al contrario della sua natura che dovrebbe essere assolutamente neutrale e invisibile, pesa che non si può concepire neanche, impedisce ogni concentrazione possibile e porta con sé il grande gelo. Che non è solo, in questo caso, qualcosa di metafisico e intangibile, è sensibile eccome. Se al nord nevica qui piove, una pioggia “bagnata” che pare filtrare qualsiasi cosa e lascia una patina di umidiccio traslucido su tutto.
E io gelo.
Non so se gli spifferi che filtrano gioiosi dai balconi o la bassa concentrazione di zuccheri nel mio sangue ne sia la causa, fatto sta che muoio letteralmente dal freddo. I piedi si congelano e restano addormentati e inservibili per ore, le labbra diventano viola le unghie blu, il che non è del tutto un male perché ho esaurito lo smalto blu elettrico e in assenza di altro, visto che mia sorella si è portata via ogni cosa nel “grande esilio” per Roma, mi viene concesso questa colorazione naturale anche se un tantinuccio cadaverica. Che s’intona perfettamente con la mia carnagione pallida, anzi addolciamo la pillola, diciamo nivea, e soprattutto con le labbra viola, un tocco di classe quelle.
L’unico modo per trovare conforto è riempirmi di felpe e maglioni e stare sotto pail e piumini. Ma la posizione semifetale che assumo nel letto non favorisce certo lo studio, direi piuttosto dà via libera alla mia fantasia e alle sue finestre. A cui non è che in realtà servisse propriamente un’ulteriore spinta eh… Ma questo è.

Ergo: sono nella merda. Se qualche anima pia dovesse chiedersi il perché leggendo codesto coso che sto scrivendo, la ragione è sempre la stessa: ansia che blocca la respirazione e impedisce di studiare, ho troppo da studiare per riuscire a farcela il 15 giorni, ma devo sennò ho come unica alternativa, la soluzione finale: tagliarmi le vene. Questo il sunto delle mie elucubrazioni novembrine. Niente di speciale.

C’è di buono l’odore di camino che aleggia nell’aria e di inverno ormai fermo e netto. Nuvole di cielo che sprizzano ricami nebbiosi come baci di farfalle dall’alito gelido e dalle ali di cristallo, vedo questo nella sfera-quartiere che il mio balcone incornicia. Questo e l’incidente all’incrocio qui accanto che ha, stamane, per l’ennesima volta, fatto danni. Un giorno ci moriremo. E’ troppo pericoloso. Staranno bene i due vecchini coinvolti? Lo spero. L’ape in cui viaggiavano era una carcassa stillante benzina. Il resto solo sirene di ambulanze e pompieri, e i soliti curiosi fermi, giunti da tutti i palazzi e da tutte le macchine, scesi da tutti gli anfratti circostanti. Pare che quando succede qualcosa del genere, il ritrovo rionale sia d’obbligo, con frasi di circostanza annesse. Forse è solo che in questo paese dimenticato da Dio e dagli uomini non succede mai niente, o forse la gente è macabra e il disastro e la morte l’attira. Questo spiegherebbe atteggiamenti come quelli delle persone che partivano in pullman per andare a vedere la casa della povera ragazza assassinata. Lo capisci benissimo, lo vedi nei loro sguardi oltre il vetro: non resisteranno, andranno a unirsi al coro. E infatti uno a uno li vedo passare alla spicciolata. Chi con stampato sul volto la sua espressione da tragedia, chi compunto, chi col dito accusatore ritto, chi flemmatico, quasi indifferente, a dare l’impressione che lì, lui, per caso ci capitò. E certo non si esimerà dal dire la sia.

La ruota dell’ape gira ancora mentre partono le ambulanze. Le serene dei vigili del fuoco danno fosche luminescenze, da telefilm, agli alberi umidi e al grigio stagnante, nella sfera-quartiere dal paesaggio alterato. Sbocciano fiori arcobaleno e metallici non appena la benzina si spande sull’asfalto bagnato, in ondate di odore di nafta. Mi fa venire la nausea. Tutti loro mi fanno venire la nausea.
Rientro, accendo l’hi-fi. “Rock the Casbah”, parte e i ruggiti confortevoli di Joe riempiono la stanza allontanando tutto il resto, tutta la sfera-quartiere dalla mia vita

Assorbo la magia della terra

Saluto l'autunno con un infuso.
Andrò a cercare gli ingredienti e li mescerò come le streghe di Macbeth facevano con code di serpenti e occhi di tritoni.

Mi servirà (ricetta per quattro persone):
  • 4 bastoncino di cannella (mai usare la cannella in polvere, che oltre ad essere meno profumata è facilmente contraffatta con altre sostanze)
  • 8 bacche di anice stellato
  • una manciata di chiodi di garofano
  • un baccello di vaniglia
  • zucchero di canna integrale (di nuovo evitate quegli zuccheri la cui differenza dal solito zucchero bianco è il colore prodotto artificialmente) o miele aromatico
  • 1 litro di acqua, più pura che si può.

    Preparazione
    Portare ad ebollizione l’acqua. Unire tutte le spezie all’acqua bollente, togliere dal fuoco, coprire e lasciaee riposare 5 minuti. Filtrare e dolcificare a piacere con lo zucchero di canna o il miele.  Un tocco in più: un bastoncino di cannella come cucchiaino...

     E' periodo tè, infusi e tisane per me. Assorbo tramite bevande ambrate e profumate gli incantesimi e i poteri della terra. Al momento annovero poche scorte in realtà che intercambio:
    1. Tè verde;
    2. Tè nero inglese;
    3. Tè nero deteinato;
    4. Earl Grey;
    5. The English n.1, tè al bergamotto;
    6. Tè verde al limone;
    7. Tisana al finocchio;
    8. Tisana al rabarbaro;
    9. Tisana al finocchio, rabarbaro e liquerizia;
    10. Camomilla sogni d'oro;
    11. Camomilla con piori interi da filtrare;
    12. Camomilla solubile zuccherata;
    13. Infuso di lamponi e vaniglia;
    14. Il mio inimitabile caffè americano.
    Conto di arricchire la mia dispensa da erborista nei prossimi giorni di inverno allo zucchero a velo.

    Un mondo di Kit Kat



    Pare che in Giappone amino alla follia il Kit Kat, al punto da produrlo in decine di gusti svariati, azzardando anche accostamenti improponibili, come cioccolato, wafer e wasabi. Io li proverei tutti e non solo perchè sono belli e colorati ma anche perchè saranno golosissimi. E la mia anima ha bisogno di guatare golosità.
    Il mio palato è stanco dei soliti gusti italiani ha voglia di trasgressioni esotiche e audaci. Patate e burro! Ve lo immaginate in Italia un kit kat patate e burro? Nessuno lo capirebbe nemmeno! Comunque sono esterefatta una fantasia maniacale nei gusti scelti, impensabili, assurdi. Qui il massimo che hanno saputo propinarci è il Kit Kat dark e quello al cioccolato bianco che ho provato e non è neanche sto granchè...visto che solo l'ivolucro è di cioccolato bianco.la crema interna è sempre la stessa, sai che sforzo.
    Siccome ho perso una giornata a piegarmi per il mal d'ovaie e non ho concluso nulla, cerchèerò di darle un senso andando alla ricerca di tutti i gusti disponibili di Kit Kat. Che senso migliore potrei trovarvi?

    Prima di proseguire cncededetimi una precisazione: io li amo i Giapponesi per la loro fantasia che non conosce ostacoli realizzativi, in confronto gli italiani per certe cose, sono limitati come aringhe.
    Precisazione finita.
    P.S.: Le immagini sono necessarie oltre a far venire l'acquolina, a credere che effettivamente esistono. E a far vedere quanto sono belli. Sono gusti assurdi, centinaia e ne ho lasciati fuori alcuni dalle immagini intraovabili come al cetriolo o "ai biscotti per adulti"o variegati di altri gusti come cookies plus, caramel and nutes e tutti i variegati al caramello sennò non finivo più.


    Kit Kat Sakura (Fiori di Ciliegio)

    Kit Kat Bianco

    Kit Kat al Tè verde


    Kit Kat al Caramello e Sale


    Roasted Sweet Potato KitKat

    Kit Kat al Kinako (polvere di soia grigliata)


    Kit Kat Waguri (castagne giapponesi)


    Kit Kat alla mela



    Kit Kat mela e carota

    Kit Kat all’arancia (vari tipi)


    Kit Kat al kiwi


    Kit Kat alla fragola


    Kit Kat alla pesca


    Kit Kat al melone


    Kit Kat ai frutti di bosco


    Kit Kat al mango

    Kit Kat Raspberry and passion fruit


    Kit Kat agli azuki


    Kit Kat all’uva verde da moscato



    Kit Kat variegato al caramello
     Kit Kat Caramello macchiato
    Kit Kat Budino al caramello



    Kit Kat al vino rosso


    Kit Kat Caffè e Latte (con il latte di Hokkaido)

    Kit Kat Gold (con una copertura di cacao morbido e cioccolato in polvere)

    Kit Kat Cookie and Milk

    Kit Kat royal milk tea

    Kit Kat Akoe Yogurt
    Kit Kat aceto di mele 
    Kit Kat banana




    Kit Kat zucchero di barbabietola



    Kit Kat Mandorle amare



    Kit Kat Black Tea



    Kit Kat mirtilli

    Kit Kat Blueberry Cheesecake
     Kit Kat Bubblegum



    Kit Kat Black sugar kinako


    Kit Kat caco 61% e 72%


    Kit Kat Calpis (un tipo di latte credo)


    Kit Kat cappuccino


    Kit Kat Carb Alternatives e c'è anche low carb(non so cosa sia)


    Kit Kat chocolate and banana


    Kit Kat chocolate overload


    Kit Kat cola and lemon squash

    Kit Kat Pepe e agrumi

    Kit Kat cookies and chocolate


    Kit Kat cookies and cream



    Kit Kat budino di crema

    Kit Kat daigakuimo


    Kit Kat european cheese
    Kit Kat exotic Kansai



    Kit Kat fine dark



    Kit Kat Torta al lampone


    Kit Kat gelato con panna e frutta


    Kit Kat ginger ale

    Kit Kat nocciola


    Kit Kat Houjicha
    Kit Kat iced tea (ma come può essere???)
    Kit Kat Jasmin tea
    Kit Kat Jyagaimo (patate e burro!)
    Kit Kat Kobe Pudding (budino di kobe?...boh)



    Kit Kat kokuto (zucchero nero)


    Kit Kat lemon cheescake


    Kit Kat lemon vinegar (aceto di limone)


    Kit Kat sciroppo d'acero


    Kit Kat mild bitter (amaro delicato)




    Kit Kat Milky white


    Kit Kat Mint


    Kit Kat miso




    Kit Kat mixed juice (succhi di frutta mix)
     Kit Kat noce


    Kit Kat chili pepper


    Kit Kat ananas


    Kit Kat zucca


    Kit Kat lemon soda


    Kit Kat rose


    Kit Kat tè verde e sakura 


    Kit Kat sapore semidolce


    Kit Kat arancia acida


    Kit Kat salsa di soya


    Kit Kat sports drink


    Kit Kat spumante alla fragola


    Kit Kat fragola e mirtillo rosso


    Kit Kat latte e fragole


    Kit Kat cheesecake alle fragole (anche da bere)


    Kit Kat tiramisu
    Kit Kat tiramisù al tè verde


    Kit Kat triple berry

    Kit Kat ume soda


    Kit Kat vanilla bean (fagiolo di vaniglia?)


    Kit Kat cocomero e sale

    Kit Kat Wasabi





    Kit Kat white chocolate

    Kit Kat sweet corn (anche roasted corn)


    Kit Kat yuzu



    Basta. Non ce la faccio più, speravo di poterli elencare tutti ma anche wikipedia ha delle lacune, ho evitato di elencare i gusti ripetitivi con le varie aggiunte sennò faccio notte. Notte l'ho fatta. Provo a continuare domani ma già così rende l'idea...fin troppo.

    Riprendiamo solo po' poi studio...giuro...

    Kit Kat Passion fruit 
     
    Kit Kat caramel cheesecakes
    Kit Kat Strawberry cheesecakes (anche da bere)

    Kit Kat Muscat of Alexandria


    Kit Kat chocolate and caramel




    Kit Kat Chunky caramel



    Kit Kat Mint and chocolate


    Kit Kat grande amaro




    Kit Kat cinnamon
    Kit Kat coffee



    Kit Kat Caffè espresso



    Kit Kat caffèlatte

    Kit Kat Cookie dough




    Kit Kat budino di crema



    Kit Kat earl grey



    Kit Kat caramel fudge

    Kit Kat senses (anche da noi)
    Kit Kat caramel senses
    Kit Kat seville orange
    Kit Kat ananas
    Kit Kat  Honeycomb
    Kit Kat burro di noccioline (anche versione chunky)
    Ne ho lasciati molti per strada ma non posso più indugiare devo andare a studiare studiare studiareareareare...
    Mi parrà di essere insieme a chiunque, in qualsiasi parte del mondo osserva, divora o gusta questi kit kat bislacchi, tra i loro pensieri mentre li addentano, come una voce incorporea assetata di sensazioni.