giovedì 16 dicembre 2010

La forfora che eccita gli imbecilli

Non riesco studiare. Il che non è neanche una novità per le pagine di questo blog che seppur relativamente giovane, ha avuto modo di vedersi vergare addosso queste parole tante, troppe volte.

E' tutta la sera che ripeto le stesse parole senza riuscirle a concordarle in un discorso armonioso. Non posso fare a meno di chiedermi: come cavolo avrei fatto martedì a dare l'esame se palesemente non so un beneamato cavolo? E ancora più drastico riverbera un altro pensiero, perentorio e sconnesso dagli altri, anarchico e accompagnato dall'eco di una maligna risata di filmica memoria: come, come caspiterina è possibile che dopo mnesi che studio questo stracavolissimo di esame, ancora sono al punto di non riuscire a ripeterlo in un discorso lineare e compiuto? Sono davvero così stupida e incapace? Non che ne avessi mai dubitato invero, solo non credevo di esserlo a questi drammatici livelli.

Stavo appunto crogiolondami in codesti pensieri avvolta dal pail e dal tepore del calore che dalle mura si spande al mio materasso, eccitando l'area occipitale posteriore della mia corteccia visiva col fucsia shocking dei miei bei guantini senza dita nuovi nuovi e che imperterrita mi tengo addosso da stamane come una bambina col suo primo paio di scarpette da ballo, quando un insolito, attutito silenzio mi bucò i timpani. Non so se in qualche parte del mio cervello (per continuare a fare la figa esperta di anatomia cerebrale, direi l'ippocampo e il talamo probabilmente) i neuroni hanno flashato e richiamato alla memoria quelle rare, preziose volte in cui ho assistito alla caduta della prima neve, associando quella strana quiete filtrante dalle serrande barricate, all'attutito silenzio della nevosa discesa. Ricordo di essere rimasta affascianta, a Cosenza, la prima volta che assistii alla caduta della neve, tra le altre cose, a questo silenzio figlio di un altro mondo, rotondo, triste che solo bianco candido può generare.

Non ne sono sicura. Forse è stato solo un'associazione successiva. Comunque sia qualcosa mi ha spinto a  muovere le mie gambe verso il balcone, a sbirciare tra le setole delle persiane, la luce aranciata dei lampioni, la sfera-quartiere annacquata, gli alberi pesanti per la pioggia, i fiocchi che scendevano creati dal più nero pece dei celi, forfora incontrollata caduta dalla chioma d'ebano di un dio ribelle.
Nevica.
Qui.
A M. lido.
Lo sentivo io, c'era un'odore strano stamane nell'aria, e non era il solito vento marino a ghiacciarmi il naso e le mani. Era troppo denso d'argento il mare, troppo carico di petrolio il cielo. Che colori così scuri e pesanti possano dar vita a qualcosa di così chiaro e prezioso e leggero come un fiocco di neve ha del miracoloso. Il buio genera luce. L'oscuro partorisce il chiarore. Vogliono compensare: è l'equilibrio. Può il mio cuore, può la mia anima nera, generare luminosità? Io sono come loro dopotutto, ma più brutta e meno perfetta.

Tutto è più magico con la neve. Diventerà magica anche la bettola della mia sfera-quartiere?
Difficile. Povera neve! Troppo gracile e precaria, troppo docile e mansueto al cospetto dell'effluvio mite del mare, il fiocco, per coprire il manto spesso di imbecillità e calcolo, materialismo e assenza di fantasia, che regna in questo paese. Gli chiedo troppo. Dovrebbero caderne tonellate da cielo di forfora. Speriamo che il dio in questione non sia lavato troppo spesso i capelli ultimamante.

A proposito di mancanza di incanto e tatto. Come galline eccitate dal chicco di mais particolarmente giallo, strombazzano le vicine neosposate con rispettivi cugini, familiari e minchioni aggiunti. Mentre i neoimbecillimaritidalcervelloanchilosato si pronunciano in quello che qualcuno definirebbe ballo tribale pre-homo habilis, suonando i clacson a palla ed esibendosi in battute da uomo alfa. E tanti saluti al silenzio magico e ttutito...
Almeno i cosentini sapevano manifestare una sorpresa contenuta. I provincialotti urlano. E continuano a far suonare i clacson ma che senso ha?! E' inquietante e affascinante il livello di burineria che possono raggiungere. Ancora piùinquietante è sapere cheloro si credono gran signori! Dovrò osservarli attentamente e trarne dei responsi scientifici. Chissà che non esca fuori qualcosa di interessante dal profilo di menti tanto barbose. Al momento pare non siano riusciti a fonare niente di più complesso di "Aaaahhhh....Ihhhh...Yaaahaaaa...E' troppo bello", e qualche vociata in dialetto che non ho colto.

Ho paura che la neve si stacchi da terra, riavvolga il nastro e se ne torni nel suo nero pece a ingrassare nuvole, in attesa di allietare sfere-quartiere meno imbecilli.

Prima che lo faccia, io, me la godo un altro po'.

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