mercoledì 22 dicembre 2010

E' un Natale sbagliato. E' un Natale mio.


Oggi è il giorno in cui mi riapproprio della libertà, delle vacanze del Natale come le concepisco io. Forse è meglio dire dell’unico (e non so quanto sano) modo che posso concedermi per concepire un Natale che discosti le mie giornate-copia da quelle di tutti gli altri giorni.

Voglio stare serena, voglio divertirmi. Non mi è concesso avere amici da frequentare o posti dove andare o serate da organizzare, o notti di Capodanno da festeggiare. Ma è talmente normale che sia così, da parere scontato, come l’esito indubbio di un percorso segnato.
Inutile cercare rimedio: sola sono, sola resto, il parterre di parentado a costellare qualche cena non cambierà questo assunto, non colmerà il vuoto. Inutile stare a pensarci, ad elucubrarci su: è così, passo la mia vita con questo pensiero spillato a lettere fiammeggianti che bruciano viscere e cervello, impresse sul retro delle palpebre, nella vibrazione del mio timpano, perennemente, tanto da non concedermi alcuna via di fuga possibile dal loro lucore rimbombante.
Voglio solo questo dal mio Natale. Non chiedo che le fiamme che alimentano quella verità incontrovertibile si spengano del tutto perché è francamente impossibile: c’è, esiste, è così, è là, è qua, è ovunque, è parte di me, sono io. Impossibile cancellare, cancellerei me stessa. Impossibile conviverci senza attuare una perenne battaglia. Vorrei solo attenuarle quelle fiamme, ridurle a braci, ciocchi aranciati, ardenti di note luccicanti, calde ma non dolenti. Dormienti.
Vorrei vivere un Natale “sereno”, dove per sereno intendo non ottenebrato dalle mie solite paranoie, dal mio vivere compassato e faticoso, con la certezza di essere un errore umano che mi deprime, il senso di inadeguatezza che mi comprime, il paragone con altre persone più degne di me che mi reprime, il fallimento in tutto che mi sopprime.
Vorrei dimenticare di essere sola perché nessuno tra le persone che mi circondano, brama dal desiderio di stare con me; dimenticare di non aver realizzato niente.
Vorrei solo vivere. Stare tranquilla e vivere questi pochi giorni seguendo le mie anomale modalità come non fossero aliene e stranianti, ma giuste e compensanti.
Vorrei leggere, finalmente, dopo tanto tempo, perdermi nei misteriosi meandri di incanto che la parola genera, senza sentirmi in colpa per togliere tempo allo studio.
Vorrei deliziarmi con dolci e cioccolosità senza pensare alla dieta, al pericolo che ingrassi espandendomi come una mongolfiera e autorendendomi ancora più repellente agli occhi altrui. Vorrei assaporare con perizia le dolcezze natalizia, assimilando ogni stilla di magia che la loro alchimia produce. Usarla come bacchetta per creare, far si che apra porte sprangate e riversi fuori ciò che ancora non conosco.
Vorrei generare sogni che posso attuare, materializzandoli in qualche modo, anche fasullo, anche inutile, non importa ma vorrei calarmi nella parte trasformandomi nel personaggio di un gioco di ruolo duplice e realizzante.
Vorrei aprire contemporaneamente le mille finestre che arieggiano la mia mente conscia e inconscia con afrori di mondi altri, saltellando dall’una all’altra senza pormi freni, senza affrettarmi per tornare indietro, nella realtà. Vorrei che quella fosse la mia realtà. Perché cosa è la realtà se non la manifestazione che noi facciamo della nostra vita? E chi dice che deve avere lo stesso pigmento, la stessa melodia per tutti? Ecco. Vorrei tingere il mio Natale con la precipua melodia della mia realtà, come faccio sempre, ma senza percepirla come straniante e sbagliata. Voglio viverla serenamente e animatamente, fremendo e godendo per ogni blandente e arzigogolato pensiero di fantastico e di sogno.
Questo vorrei.
E’ un Natale poco sano. Un Natale sbagliato. Un Natale solo.
Ma è il mio Natale.

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