martedì 5 aprile 2011

Zoppico, mentre gli altri danzano

Non c'ho una cazzo di voglia di scrivere ma quetsa giornata è stata talmente merdosa, ma talmente merdosa che merita di essere trascritta per primeggiare come un gioiello tra le altre mie merdosissime giornate.

Sveglia presto per andare a V. a sbrigare faccende burocratiche e non, ma nessuno può/vuole accompagnarmi. Non essendo motorizzata mi dirigo quindi a prendere l'autobus che, guarda guarda non passa, perchè pare che dopo le 7.00 non ci siano altre corse dal mio paese a V. fino a quella delle 10.30, il che è di un'insensatezza esilarante, ma che volete farci, siamo in Calabria d'altronde!

Sfiga aggiuntiva, arriva una delle miss del paesucolo che ovviamento conosco a malapena, cioè. E qui dovrei cominciare a narrare il cioè, il come le esistenze mie e della gallinella si sono intrecciate per subito strecciarsi in passato, ma non c'ho una cazzo di voglia neanche di fare ciò. Basti sapere che è una delle affezzionatissime della scuola di danza locale, superba e con una sicumera irritante e invidiante. Capito il genere? Non so, perchè se non avete la (s)fortuna di avere a che fare con gente del genere, difficilmente potete capire quanto sia urticante dover subire i suoi sguardi d'alterigia e le sue frasi inconsistenti, gettate al vento come stoccate irridenti e perennemente inconcluse.

Tutta tirata ma vestita in maniera anonima, riesce sempre a estorcere al suo viso e al suo corpo, il meglio che possono dare, e non è molto. Ma è fonte di ammirazione per me, come il non-molto possa essere pennellato e divenire tanto solo con la forza della sicurezza e della superbia.

Arriva come un corvo che accompagna notizie mortifere col cipiglio seccato, ma altezzoso, come se anche la seccatura non è che le tange poi molto. Mi dice che lei sa che non ci sono più autobus e che le toccherà arrivare in ritardo al lavoro, ma sicuramente passerà qualcuno che conosce che le darà uno strappo. A ogni macchina che passa sputa là un:"Teeeesoroooo", in versione gollumiana femminile e affettata, ma nessuno va dove deve andare lei. Le va male, almeno fin quando resto là, ma sono certa che alla fine lo ha trovato un passaggio, quelle come lei lo trovano sempre. Forse hanno un qualche potere mentale che spinge le persone che conoscono ad alzarsi e passare di là solo per poterla incontrare e darle il passaggio. E' così che si gestisce il destino, con la forza mentale dell'altezzosa sicurezza in sè stessi.
E... io gliela invidio questa sicurezza....che cazzo. Avercela!

Visto che ero in ballo ho iniziato a ballare anche io, anche se lei ha anni di balletti e danza alle spalle, io zoppico e strascico. Ho cercato di stabilire un contatto con quella forma aliena al mio mondo, di instaurare anche solo una conversazione da "fermata dell'autobus". Ma i miei propositi venivano vanizzati da serpentine frasette stereotipate, smorzate, emesse con voce atona (sapete, quella che nei fumetti viene espressa con  occhi indolenti e palpebre semichiuse), come a dire "ma certo che è così" oppure "Ah ah ...e quindi? Non sei così interessante sai?". E improvvisamente ho un deja-vu dei miei giorni da adolescente timida, circondanta da lingue serpentesche che attaccano con disinteresse calibrato e, come allora, pur vergognandomi di non aver fatto passi avanti in tutti questi anni, di non poter esibire nessuno scudo degno di nota, nessuna effettiva ragione per essere fiera di me e del mio modo di essere rispetto a al suo, mi ritiro nella tana come una marmotta tremante.

Il brutto è che non è mai esplicita, solo molto indifferente e molto...normale. L'unica cosa degna di un certo colore, seppur il colore sia sempre ammorbato da quella sicumera malsana da donna bellissima che viene fischiata, l'ha avuta quando passa un camincino e si fa una suonata di clacson, per chissà quale ragione, suonata che invero io avevo del tutto ingnorato perchè capita spesso sull'autostrada. Lei non l'ha ignorata e urla a gran voce: "E suonati questo cazzo!".
Io resto abbastanza interdetta un po' perchè inizialmente non avevo capito chi stava suonando quale cazzo, un po' perchè poi si rivolge a me e dice: "Che poi io sono un po' volgare, ma sai... è legittimo se mi suonano dietro". D'accordo che dare per scontato che suonino per te fa tanto gran gnocca, ma dirlo espressamente per sottolinearlo nel caso non fosse chiaro a qualcunoc he sei gran gnocca riconosciuta dal clacsonatore, fa anche tanto fuoco fatuo.

E' troppo per me, me ne vado e cerco di raggiungere V. a piedi.
Non è facile ma è solo una camminata di un'ora anche se in più casi si rischia di essere messi sotto. Comunque non è la prima volta che lo faccio. Sono rodata. In realtà mentre ripercorro il tragitto dell'andata e passo da casa mia, mi ritrovo a pensare che in quel momento saper guidare l'auto non sarebbe male, visto che quella di mio fratello è disponibile. Ma è un attimo, poi questa smania conformista inattesa passa, e mi butto a testa bassa contro la cortina di vento che strapazza questa valle da tre giorni ormai, senza tregua. E chi ti incontro alla prima svolta? Be' mia cugina, la solita non ricordo l'epiteto che le avevo assegnato su questo blog...tutta tirata in auto con le sue, tutte tiratissime anch'elle, cuginette che accompagna all'università mentre lei si dirige dove fa praticantato e mi chiede dove vado e perchè e glielo dico e lei mi guarda come fossi pazza, ma che diamine c'è di male ad andare a piedi da qualche parte? Non può capire, lei non lo farebbe: troppo anarchico!

Il tragitto è lungo, il vento mi sferza e sbatacchia e in più di un'occasione rischio di prendere il volo; vecchi allupati in auto mi fischiano e fanno gesti osceni o dal significato sconosciuto; donne al volante schizofreniche cercano di mettermi sotto. Arrivo a V. mezza zoppa per fare una fila di due ore per un certificato e andare dalla dottoressa e farmi dire quello che già so, che sono ingrassata anche se solo un chilo e non è tanto, ma che rischio di perdere il controllo "...e che facciamo mi fai fare brutta figura" e io che vorrei risponderle che me ne frega un cavolo della sua bella faccia. Cerco di spiegarle che non ce la faccio più, che non ho testa di mangiare tutto quello che ho mangiato per più di un anno perchè mi viene la nausea al solo vederla quella dieta e che non so se reggo perchè ho un buco tremendo che devo riempire e non importa con cosa, che vorrei mangiarmi altro, che ho fame, che mangiare anche solo un pezzo di torta significa provare quel po' di felicità che non provo in nessun altro modo, in nessun momento delle mie lunghe e identiche giornate.
Ma lei non sente, non capisce e io ho un groppo in gola perchè nessuno sente mai veramente quello che dico e voglio solo scappare di lì altrimenti scoppio a piangere, e quella continua a ciarlare che devo chiamarla per il prossimo appunatmento mentre io penso solo che non devo piangere, che ho tutto il resto della giornata chiusa nella mia camera in penombra, sola, per piangere senza che nessuno mi veda.

Riesco a resistere e mi ritrovo seduta a una panchina nel giardino pubblico vicino, senza ricordare come ci sono arrivata, con le guance rigate da lacrime che pizzicano mentre un sole di un aprile caldissimo le asciuga, a guardare in terra il frenetico sgambettare delle formiche, ad aspettare qualcosa o qualcuno che venga da me e cambi le cose.

Non è arrivato nessuno.

Mi alzo e me ne torno a casa.

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