domenica 3 aprile 2011

Il sapiente narrare cinematografico


Ma perchè fanno dei film tanto claustrofobici?
Ok, "Frozen" nella fattispecie non è propriamente claustrofobico, visto gli spazi aperti e tutto il resto, ma in definitiva erano bloccati su una seggiovia e mi ha dato le stesse immpressioni oppressive di "127" e "Buried".

La percezione di soffocamento, di assenza di via d'uscita, di fine imminente e tragica, dolorosa, di rottura di ogni possibilità di futuro e di rimedio per qualche fallo passato... tutto è così onnipresente da farti star male, fisicamente male. A prescindere dal reale valore del film, regista e sceneggiatore sono geniali in questi casi, perchè impegnano ogni fase della storia per incastrare fotogrammi che nell'esposione del climax, non ti lasciano via d'uscita: sei costretto a empatizzare con i protagonisti e non ne esci se non dopo molte ore dalla fine del film.

Così viene esasperato il momento in cui sono i ragazzi a volersi fortemente cacciare nella situazione che prelude la loro fine ed è adrenalinico, alla "siamo i padroni del mondo che può succederci?". Prima ancora invece c'è la parte spensierata da "ehi ragazzi divertiamoci come si divertono tutti e discutiamo per i problemi che hanno tutti i nostri coetanei". Il fattaccio succede, ma è ancora rimediabile e ondeggia tra la spavelderia dl finto coraggio e i timori stereotipati.

Dopodichè la seccatura evolve in dramma e tu sei lì sopra con loro non puoi scendere, non puoi spegnere il computer e non guardare più il film perhè hai fatto un percorso con loro perfettamente plausibile. Anche se magari tu non avresti mai stupidamente pregato il tipo della seggiovia di farvi salire su quel trabiccolo infernale da soli, quando l'impianto sciistico sta per chiudere alle 10 di domenica sera e non riaprirà fino a venerdì. Anche se sareste da soli su una montagna innevata e in vista di una spaventosa tempesta in arrivo. Anche se tu non diresti mai quella banalità o non saresti mai quello stereotipo. Anche se tu un ragazzo da proteggere e per cui preoccuparti non ce l'hai.
Non importa: la macchina è in moto e sei sul sedile del passeggero e continui a camminare con loro, confuso tra chi sei tu e chi è loro, se quel brivido che senti è il gelo e il terrore perchè stai per essere divorato dai lupi e ne sei consapevole e non puoi fare niente per impedirlo, o solo perchè sei particolarmente suscettibile e non dovresti vedere film così.

Il che è anche vero: non dovrei vedere film così, mi fanno stare male e io sono già empatica di mio senza che le strategie cinematografiche debbano per forza mettere la loro per fossilizzarmi ancora di più negli animi altrui.
La scusante in questo caso è che non credevo fosse tanto drammatico come film. Il sunto che ho letto diceva solo: "Tre ragazzi restano bloccati sulla seggiovia e questo li costringe ad affrontare i loro demoni e a ripercorrere le loro storie". Punto. Nessun accenno alle morti funeste. Al massimo ti aspetti una sonnolenta morte per assideramento, ma la puoi sopportare quella. Cioè no, ma comunque in un film è sopportabile.

E invece ecco che arriva il momento della tragedia con tinte splatter, gambe spezzate, lupi che banchettano mentre tu sei lì bello vivo che ti godi la scena e i tuoi amici sono bloccati in alto e non possono aiutarti! Che poi i lupi mangerebbero davvero un uomo? Non lo so... a me risulta che non attacchino, ma forse se sei mezzo morto, impossibilitato a muoverti e i boschi sono gelati da mesi e privi di cacciagione semovente, mi sa che attaccano in questo caso.

La cosa che mi ha fatto orrore e commozione insieme non è tanto il banchetto dei lupi (che si ripete due volte invero), ma le ultime parole del povero ragazzo che tremante diceva all'amico di non fare guardare la sua ragazza. E sembri uno spiritello che passa dal corpo del ragazzo che sta per essere divorato (ma scappi subito da lì è piuttosto scomodo come involucro di carne in questo momento) a quello ragazzo che si trova a dover soddisfare la richiesta del migliore amico sul letto di tremenda morte, per giungere nel corpo semicongesionato della fidanzata e sai che in quel momento preferiresti essere morto o anche essere il ragazzo che affronta i lupi piuttosto di non patire cosa passa lei, che ricorderà per sempre l'amore della sua vita dirle: "Ti tirerò giù di qui te lo giuro. Salto ce la posso fare" e poi rompersi le gambe e poi mentre viene sbranato: "Non farla guardare".
Ripeto, è la frase più brutta e più bella del film.

E' questa frase che fa male. Malissimo. Il fatto che lui abbia pensato a lei. Che l'amasse così tanto. Che lei era impotente e l'ha perduto. E vivrà consapevole del dolore, del terrore che ha provato lui morendo. Col senno di poi ci pensi e ti sembra scontata, ma mentre sei lì dove il regista ha voluto che fossi, non ti sembra così scontata.

Il resto è anche poco plausibile. Non sono sicura che i lupi attaccherebbero gli uomini ed è più immediato pensare di percorrerei i cavi, anche se sono taglienti, e raggiungere il palo con le scale.

Resta il fatto che la maestia nel raccontare una storia, anche dalla trama scontata e stereotipata, può cambaire le sorti di un film. E che, forse in mancanza oramai di storie nuove da raccontare, sia lo stile di narrazione in sè l'unica arma che resta al cinema.
E la constatazione di ciò a cosa ci ha portato?
A niente. E solo una constatazione. E ora la si può dimenticare.

1..2..3..

Dimenticata.

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