sabato 2 aprile 2011

E' successo davvero?

Venerdì mattina, presto.
Intrappolata come un topo da laboratorio nelle sedi fetide del centro di collocamento. Nome tutto fuorchè azzeccato visto chre non sono poi molte le persone che escono da lì con un collocamento. Entrano disoccupati ed escono, guarda caso, ancora più disoccupati di prima, se sono fortunati con un certificato che gli farà ottenere un misero assegno di disoccupazione.

C'è una disperazione e una mancanza di lavoro in giro da far spavento. La gente fatica a dar da mangiare ai figli e i politici che gli italiani hanno messo al governo trombettano qua e là, percepiscono salari gravidi ed edificano villette mentre l'Italia va a rotoli. Non voterò finchè non mi si presenterà davanti un uomo degno del mio voto e della dicitura "umano" (e non maiale allupato o mafioso pedante) che dà la Treccani.

Da brava me ne stavo ad aspettare il mio turno per avere finalmente nelle mani quella cazzo di esenzione da costi sanitari, assonnata e stordita dall'aria pesante che aleggiava negli uffici e annuendo alle circonvoluzioni verbali di una tizia del mio paese che ho trovato lì e che chissà di cosa diavolo ha blaterato per tutto il tempo.

La mia attenzione era in realtà calamitata da un ragazzo qualche passo davanti a me, che spiccava rispetto all'incolore paesaggio offerto dagli altri topi ingabbiati perchè...be prima di tutto perchè era bello come il dio del sole. Alto, longilineo, spalle larghe, vita stretta, pelle d'alabastro, capelli liquerizia burrosa, occhi come un buco nero i.n.f.i.n.i.t.o cazzo, zigomi alti, mandibola robusta, labbra d'ambra dipinte dalla musa delle arti. Insomma un dio.

Mi ha aiutato a recuperare il numeretto dalla srtupida macchinetta inceppata e abbiamo scambiato qualche parola. Lo strano è che ero a mio agio e lo fissavo negli occhi senza problemi. Ed era come restare avvinghiati in petrolio liquido e appiccicoso ed esserne risucchiati nelle sue viscere melmose. Ma la tizia continuava il suo bla bla bla impertinente, allontanando il carbone dalle fiamme. Gelandolo proprio il carbone.

Poi è venuto il suo turno e se ne va. Alllelujia. E io posso tornare a infuocare il carbone.

Nel bagno la finestra è aperta e fa entrare il pallido sole, fresco di brezza marina e qualche stridio di gabbiano subito offuscato da un ronzio persistente. L'azzuro del cielo filtra e colora le pareti. Solo dopo mi rendo contro che era il blu del mare a sortire l'effetto. E' che il mondo è sottosopra o io sono sottosopra e il mondo è sempre lo stesso.
E' un odore legnoso di orchidea e tè e zenzero, che penetra dalle narici dalla bocca da tutti i pori. Non sono mani ma serpenti terrosi e affamati quelli che frugano ovunque sulla mia pelle, cercando di scoprirne chissà quale segreto. Le guance bruciano, le mani fremono, il resto è si scioglie senza che lo comandi.

Non voglio che finisca. Voglio solo che continui così, senza avanzare, bloccato in questo istante.

Poi l'odioso scampanio annuncia il mio turno di andare agli sportelli. Torna subito l'aria pesante aa afferrarmi la gola e la vita incolore si dipinge davanti. Il ronzio fa fatica ad abbandanore il covo caldo delle mie orecchie, e un leggero stordimento lo attesta, mentro vado allo sportello.

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