giovedì 31 marzo 2011

La seduta

Visto che il terribilissimo marzo volge al termine, direi di levarmi di torno la piaga suppurante della laurea di mio cugino e non ne parliamo più. Anche perchè domani comincia il mio mese, bellissimo, fiorito, verde vergine e primaverile. E non voglio inficiarlo con questioni suppuranti.

Cominciamo con la seduta alla quale sono andata senza madre e fratello. Non c'è molto da dire.
Tutto molto tradizionale.
Tutto molto pataccoso.
Tutto molto inutile.
Più, un sacco di foto.
Loro sono fissati con le foto e i video. Foto di routine, in posa, finte e per me fortemente imbarazzanti. Fotofotofotofoto. Non la finivano più. Tutti gli altri laureati se ne sono fatte due standard, e poi se ne sono andati. Noi? Ah noi no: i laureati dopo mio cugino hanno avuto il tempo di festeggiare, mangiare confetti, stappare, andarsene e noi eravamo ancora lì. A fare foto di gruppo, sulla scala, poi sull'altra scala, poi con ogni membro del parentame, poi solo lui e famiglia, poi un'altra scala, poi sul prato, poi sotto l'albero, poi ancora...indovinello? Scale! Gli pagheranno una percentuale per le foto sulle scale dell'università probabilmente, altrimenti non si spiega questa fissazione per le dannate scale. Mentre ci spostavamo a passo di formica verso le auto, non appena vedevano una rampa, ci costringevano a sistemarci come manichini sugli scalini. Sono arrivata a temerle... speravo di incontrare un percorso pianeggiante o una ripida salita, invece scale scale scale. E foto foto foto. A un paio sono riuscita a nascondermi. Mi abbassavo in mezzo alla folla, tanto chi se ne accorgeva!

La seduta è durata solo dieci minuti grazie al cielo, e io proprio non so come farò ad affrontarela mia (ammesso e non concesso che un giorno ci arrivi) visto che ero nervosa già per questa e non me ne fregava niente. Domande semplici e pertinenti, voto non alto, ma non credo si aspettasse molto.

Ovviamente abbiamo dovuto sorbirci i coriandoli, gli applausi, gli auguri, i confetti, i fiori, tutto previsto tutto morboso ai limiti della decenza. E poi, quelle che temevo di più: infinite, insulse, chiacchiere. Ho parlato con qualcuno giusto per fare presenza, ma mi sentivo talmente a disagio in quelle vesti non mie, che non credo di essere riuscita a celare espressioni di noia e disgusto e mi sono presto trovata una panchina a guardia del fiorame. Il più possibile isolata.

La mia intelligentissima e coetanea cugina mi invoglia, allora ad "amalgamarmi". Che genio, eh! Però è rappresentativo di cosa ella è: un essere amorfo che si confonde incolore e inodore tra la folla omogenea. E' proprio vero che ciò che una persona è, si manifesta scientemente in ciò che dice.
Avrei voluto rispondere che io, be'... io non mi amalgamo, mai, lo lascio fare a chi non ha una personalità indipendente come lei, a chi agisce leggendo un copione già scritto come lei, a chi è bellamente barboso come lei.
Ma ero così annebbiata dall'obbligo di comportarmi bene e dal disgusto nauseabondo, che mi sono fatta coraggio e mi sono fusa tra parenti e chiacchiere.

Grazie al cielo siamo arrivati all'aperitivo, in una specie di pub dallo stile moderno con sedie tra parenti, candele galleggianti, penombra e salottini improvvidi. Ho scolato due bicchieri di spumante con l'intento manifesto di obnubilare la mia mente e di farmi perdere il più possibile la cognizione dello spazio e del tempo. Ma non era forte per niente, dannazione.
Io ero seduta con mia cugina e le sue amiche che erano lì come sempre in prima linea. Una di queste, e anche il suo ragazzo onnipresente, non sonoi malaccio a dire il vero. Abbiamo parlato del più e del meno e mangiato pizzette e calzoncini, e frittatine, e gnocchini, e arancini, e olive ascolanine, e mozzarelline impanatine, e le sante sante sante sempre consacrate patatine fritte, mentre con un occhio contavo i secondi che lentissimamente scorrevano.

Poi ci sono state le riprese al tavolo e le foto.

Poi c'è stata la pausa sigaretta in cui mia cugina si è esibita nella solita commediucola degli orrori: "Oh io una sigaretta ...eh magari.... ma qui non posso, ci sono i miei... mi vedrebbero...e i parenti....eh beati voi che fumate" e sgallettate del genere per manifestare al mondo la sua pantomima di perfezione, fino al segreto sussurrato nell'orecchio di uno di loro per rendere a tutti noto che la sua vita è interessante e i suoi amici intimi e felici, la adddddorano.

Poi ci sono stati i dolci (buoni buonini e mandorlatosi) e le fottute foto con i dolci.

Poi c'è stata la torta (troppo liquore l'ho lasciata ma mi sono divorata la panna) e le fottute foto con la torta.

Poi ci sono stati i regali (non li ho cagati, mi rompevo) e le fottute foto con i regali.

Poi c'è stata la lettura dei biglietti (idem come sopra) e le fottute foto con i biglietti.

Poi si sono presi il caffè e chissà che non si siano messi in una bella posa plastica con la tazzina di caffè e non si siano fatti le fottute foto anche con la tazzina di caffè. E la caffettiera, magari.
Io leggevo il Messaggero, intanto, e lanciavo maledizioni contro il coglione degli amici di mio cugino che conosco e che non si è neanche degnato di salutarmi. Brutto tamarro impomatato.

Poi mi sono intrattenuta ancora un po' con cugina e amiche e mi sono sciolta d'invidia per loro che stavano progettando il viaggio estivo.

Poi, grazia volle che il parente di mio cugino con cui io avrei dovuto tornare a casa se ne dovesse andare presto. Allelujia! Sono saltata dalla poltroncina, ho corso come un razzo in sala per recuperare la borsa, salutato gli zii, salutato i cugini, salutato gli amici di mia cugina e fuori di lì, come un fulmine.

Aria fresca e via un peso sul cuore. Ero talmente sollevata e felice di essere fuggita prima del tempo previsto che la prospettiva di un viaggio in auto di un'ora e mezza con  i due zii di mia cugina, non mi toccava proprio.
E invece, piacevole e imprevista sorpresa: il tipo si è rivelato un uomo intelligente e interessante, una rarità da queste parti. Abbiamo parlato per tutto il viaggio, il tempo è volato e, cosa più importante e sorprendente era d'accordo con tutto quello che dicevo. E chi è d'accordo con me non può che essere un gran signore, senza ombra di dubbio.
Gli ho anche citato uno scrittore e De Andrè e lui ha risposto alle mie citazioni con altre citazioni! Ero in sollucchero. Lo so che basta poco per rendermi felice, ma a me questo poco non capita mai e quando capita me lo godo a 360°. Abbiamo anche toccato la per me spinosa questione dell'università. E lui è stato molto accomodante. La cosa bella è che non ribatteva ferocemente pieno di sè, per imporre la sua critica sottesa (come fa mia zia sempre), ma mi ascoltava attento e si vedeva dallo sguardo che apprezzava ciò che dicevo. Ripeto, un gran signore.

E poi sono arrivata a casa. E c'era Bob Dylan ad attendermi. E meno male la prima è andata.

Nessun commento:

Posta un commento