lunedì 31 gennaio 2011

Capodanno con inchiesta - prima parte


Non avevo proprio voglia di andare al pranzo tra parenti dell’1 gennaio a cui mi hanno trascinata, ma ho declinato l’offerta tante di quelle volte che non potevo proprio mancare stavolta. Anche perché poi chi la sente mia zia, ogni volta che la incontro anche per sbaglio, mi ricorda il mio peccato mortale di non andare al paese a trovarla. Certo ora sono propensa a credere che lo faccia con una malcerta sfumatura di affetto. Ma solo una sfumatura, e solo malcerta.
E’ la zia più invadente e portata al pettegolezzo, si è sempre sentita in obbligo di mettere il naso in ogni questione, giudicare giudicare giudicare ogni più piccolo, microscopico mio comportamento. Non per niente è un’accanita chiesofila… credo questo basti a inquadrare il genere-tipo di riferimento.
E di certo, diciamocelo, non gli ho fatto mancare materiale stuzzicante in questi anni, pane quotidiano per i suoi cincischiamenti sotterranei, per le chiacchiere, per i giudizi pretenziosi, per le critiche valutative. E lei so per certo che ne ha approfittato leccandosi i baffi, coadiuvata e sostenuta dalla creme della creme del parentame, dalla figlia di cui però parlerò in seguito.
C’è che questa mia zia negli ultimi anni ha dovuto combattere con una brutta malattia (e di questo mi dispiace sinceramente e spero davvero davvero davvero con tutta l’anima che guarisca) che ancora la tormenta, dalla quale teme di non guarire e questo ha smussato il suo carattere e l’ha resa meno cattiva. Perché prima lo era, oh sì, lo era davvero. Ora non credo sia cattiva, ma resta comunque sempre colei che ti fa notare quanto sei merda, quanto sbagli e quanto invece dovresti essere perfetta come loro. Quanto il loro sia il solo modo di agire ed essere comprovato e santificato con bolla papale. Il che denota una limitazione della mentalità assurda. Ma stiamo parlando del paese dei miei, lì esiste SOLO questa di mentalità.

E non ha mancato neanche questa volta di ricordare a tutti noi questa incontrovertibile verità.
Al pranzo c’era anche la famiglia di suo fratello e tutto si è svolto seguendo apparentemente almeno, il più perfetto cerimoniale che prevede l’aperitivo, il pasto, il brindisi, i racconti, le battute, le conseguenti risate dovute anche se le battute fanno cagare, i complimenti alle varie cuoche, le indicazioni sulle ricette e sugli aneddoti di famiglia che le accompagna, il panettone, i dolci, … Insomma, solita roba.
E io, da brava ragazzotta di provincia, mi sono perfettamente calata nella parte. Ho cioè, fatto la brava. Ho riso alle battute, ho imbastito un’espressione compiaciuta, ho ascoltato deliziata gli aneddoti con un sorrisetto ben ben stampato sulle labbra al punto che temo la paralisi facciale oramai…
Ad un certo punto, ecco che arriva l’attesa, fatidica, domanda rivolta alla sottoscritta: “Quanto ti manca? Quando ti laurei?”. Eheheeh…l’aspettavamo tutti era nell’aria.
Personalmente l’attendevo già da una settimana quando arrivò l’invito a pranzo. Sarò una sibilla sotto mentite spoglie? Magari…è che, molto più semplicemente, questa gente, come se non bastasse il resto, è anche abbastanza prevedibile, soprattutto per quanto riguarda la loro morbosa curiosità nei confronti di me e dei miei fallimenti. D’altronde gli servono dettagli succosi da poter utilizzare nei prossimi randez vu e siccome a differenza di altre loro prede, la sottoscritta concede così poche occasioni loro per fare incetta di notizie, meglio approfittarne, ora che la fessa si è messa alla berlina. 

...Un po' di suspence, vado a magnà, continuo poi....

Nessun commento:

Posta un commento