mercoledì 27 ottobre 2010

Psicologiando

Nessun test di Rorscharch, nessun lettino, nessun sogno rivelatore da analizzare. La mia prima, garrula seduta psicologica è stata una vera boiata, svoltasi all’insegna del raccontami-chi-sei-e-quello-che-hai-nel-cuore. Sai che pizza. Avrei dovuto risponderle “sai che pizza”.  Soprattutto quando ha iniziato a sciorinare le solite frasucole fatte per la serie “i problemi che non affrontiano non si risolvono ma ti restano dentro…i tuoi disturbi alimentari sono una conseguenza di questi problemi che in altre persone possono manifestarsi in altro modo…”. Però…conclusione geniale. Non ci ero mai arrivata da sola. Più che una psicologa immagino mi serva una tutor intellettiva. Inoltre pensavo che gli psicologi non indugiassero in mielosaggini e invece vi indugiano, vi indugiano eccome. Con un qual certo orgoglio mi aveva assicurato quanto le persone una volta uscite dal suo studio si sentissero sollevate “con un grosso peso in meno sull stomaco”. Il mio stomaco è anomalo, cara la mia psicologa. Continua a essere leggero ma solo perché è vuoto. Ieri ho mangiato uno yogut e due pere e oggi idem finchè non riesco a svuotare le mie viscere e a smaltire tutti i dolciumi e tarallumi ingurgitati tra domenica e lunedì. Quel che mi rimane è la sensazione di essere ormai entrata nel nutrito clan dei disturbati mentali. Non che non lo sapessi già ma aver acconsentito a sottopormi a una seduta psicologica, tinge il tutto di un’ufficialità fosca e passiva. Inutile dire che la cosa mi paice tanto. Ha il sapore mandorlato di una storia che comincia e promette sciroppati seguiti. Bisognerà aspettare metà novembre per assaggiarli…

C’è di buono che nell’attesa di colei che parla con la psiche, ho finalmente iniziato Jubiabà di Jorge Amado. Sono giorni che mi porto dietro il mattone di 2000 pagine del Meridiano su Amado, senza che lo apra  neanche per sbaglio. Non so perché mi costringo a leggere questo libro. 
Anzi lo so. 
Non mi interessa granchè di Jubiabà e altri titoli più invitanti mi attendono. Ma è l’ultimo dei romanzi proposti dall’antologia della Mondadori che mi manca da leggere: è una specie di sfida, finire tutto il Meridiano.
In più ricordo che questo libro mi fu strombazzato da una presunta lettrice, accanita scrittrice, regina delle lettere, pubblicatrice di racconti, da tutti annoverata tra le future promesse della letteratura italiana. Nonché cantante deliziosa e rockettara accanita, cinefila rapace, pensatrice profonda e tante altre cosucce. Una specie di dea lanciata in Terra per ammaliare, con la sua radiosa bellezza e intelligenza, noi umani plebei non alla sua altezza. Credo che leggerlo sia una sfida, una sfida beffarda e rognosa, anche nei suoi confronti, nei confronti della sua perfezione dorata. Lo leggo per riaffermare il mio ruolo di lettrice umana che si oppone alla lettrice divina dall’impeccabile excursus. Potrei fregarmene, ma è più divertente affrontare la sfida. D’altronde cos’ho da perdere?

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