domenica 31 ottobre 2010

Al mercato con mamma




Non amo fiere e mercatini perché mi innervosiscono con tutti quei passeggini che ti arrivano sugli stinchi (“scusi signorina” scusa due cavoli stai attenta invece di tranciarmi le dita e poi plasmarti la faccia a pesce-lesso-ma-sa-sono-mamma-questo-è-il-mio-bimbo-tutto-mi-è-giustificato); e la gente che ti urta, che guarda caso è sempre quella che non conosce l’uso del sapone; i mercanti che urlano come indemoniati banditori le liste delle loro presunte imbattibili offerte; il troppo caldo o il troppo freddo. Venerdì scorso ho deposto questa bile, forte dell’autunno che mi propizia e del tintinnio di qualche soldo in tasca da poter spendere. Sono andata con mia madre e la prima, immancabile, sosta è stata al reparto cibarie che solitamente evito come la peste perché se nel settore indumenti c’è ressa, quello alimentare è come l’India all’ora di punta. Non ci andavo dai tempi della scuola mi sa… e non è stato niente male, mi sono divertita il che la dice lunga sul livello becero in cui galleggia la mia vita: trovo divertente andare a comprar frutta al mercato con la mamma, pensa te! O forse a dettarmi queste parole è il ricordo ancora vivido e goloso del piattone di frutta fresca, di stagione che mi sono spazzolata a casa, per pranzo, quel giorno.
E’ stato come un tuffo in un cantiere di produzione degli odori più svariati che ora si mescolavano, ora ti stordivano con la loro fiera, genuina indipendenza. Per non parlare dei colori: un abbaglio continuo a delineare forme perfette perché naturali per lo più, lussureggianti, moltiplicate, belle. Non so se riesco ad abbozzare un colore e un odore per ogni sezione dedicato ai diversi generi alimentare, ma voglio provarci perché la cosa non interessa e nessuno e questo, com’è naturale, mi galvanizza. E poi perché mi sono resa conto che oltre a essere molto divertente e stimolante, scegliere le parole più adeguate a descrivere un sapore, soprattutto se variegato come quello della frutta, è molto difficile e un ottimo esercizio. Il risultato è talmente musicale da permeare le frasi dello stesso gusto del frutto e viceversa.

FRUTTA: Il mio settore preferito è senza dubbio quello della frutta che, essendo all’inizio del mercato, comporta lo sconveniente e faticoso aggravio di buste appresso per il resto del tour, che segano le dita mentre le trasporto, attraverso la calca, per tutto il distretto alimentare.
Predominanza di pere che si fondono in molteplici, morbidi colori; cachi obesi di polpa; castagne lucide e legnose; mandarini ancora giovani verde arancio; noci segaligne; nocciole furbe, sfuggenti, così levigate che non resisto alla tentazione di immergerci le mani; mele variopinte e lucide; grappoli d’uva così belli, ma così belli  che staresti ore a guardarle, gli acini ammassati come centinaia di gemme preziose o appese, il grappolo stracolmo, trapassate dal sole che rende diafana l’uva scura, quella dai colori vinosi che dal viola tendono al bluastro, e vespertina l’uva chiara che dal verde pastello si accende nel dorato. E poi le susine polpose che accecano col giallo, col rosso aranciato, col viola prugna che nasce con loro; datteri zuccherosi; kiwi di peluria arrogante; le mandorle gusciate, sgusciate, pelate, tostate, caramellate, ce n’erano a bizzeffe ho dovuto resistere alla tentazione di rapirne un pugno e sgranocchiarne l’aroma biscottato e dolcigno; i melograni che aperti spiccano per il rubino sanguigni dei chicchi, eguagliato solo dalla mela più matura, quella più rossa della lussuria; i fichi indiani, i miei preferiti sono quelli dalla polpa color magenta che tingono le mani e la bocca col succo seminoso; e poi tanta altra frutta. C’erano gli esotici avocadi e manghi e c’era anche qualche rimasuglio di frutta estiva che strideva abbondantemente con l’esplosione più terrosa dei frutti autunnali: erano timide pesce dal velluto della buccia incerto e meloni raggrinziti, di un giallo sbiadito. Se ne stavano in disparte, pronte a sparire, nessuno le considerava.
Il colore predominante è quello della terra e delle foglie d’autunno: CASTANO BRUCIATO e ORO. Odore: ZUCCHERINO e MIELATO. Forma: TONDEGGINTE e SENSUALE.

VERDURA: troppa per elencarla. Su tutti, come sempre la zucca e i funghi mi incantano. L’ho detto mille volte che le forme dell’autunno sono quanto di più perfetto vi sia al mondo e i funghi rappresentano l’autunno stesso: di tutte le grandezze, di varie figure, di tutte le gradazioni dei colori della terra con quel profumo imponente, suggestivo, muschiato e cavernoso, di sottobosco e di mistero, di corteccia bagnata e di cerchio di fate. Per me è l’odore del bosco che è quanto di più romantico, onirico e intrigante vi sia sulla terra. Le zucche erano sterminate, lì a ghignare senza che nessuno le abbia incise con halloweeniani intenti, lunghe o tozze, grandi o più schiacciate, che dal verdognolo si temperano in quell’arancio denominato appunto “zucca” perché solo suo, sincopato eppure acceso, contornate dai semi ridenti se freschi, pallidi e salati se secchi. E poi grappoli di radicchio fucsia, sedani magri, finocchi spumosi, prezzemolo profumato, basilico fiorito, zucchine spinose e bianche come panna, carote giovani, rape mature ecc ecc ecc… Colore: VERDE GIADA e LAVANDA GRIGIA. Forma: ONDULATA e FILIFORME. Odore: quello delle cipolle li sovrasta tutti: fossero quelle bianche, perlate, più dolci; quelle dorate, esotiche e quelle di tropea, violeggianti e pepate. L’odore era quindi per lo più PICCANTE ma anche ERBOSO.

CARNE, UOVA, CONSERVE SOTT’OLIO, SALUMI e FORMAGGI: freschi, esposti all’aria aperta ti inebriano per poi intossicarti e farti quasi lacrimare per quanto inebrianti e speziati. Il salato delle carni e degli insaccati grondanti lardo e olio, che si mescola al formaggio ora cremoso e dolce, ora levigato e filante ,ora intenso e pecorino. Colore: ROSSO PEPERONCINO e BIANCO LATTE. Forma: OVALEGGIANTE e CONICA. Odore: CAPRINO e SPEZIATO.

PESCE: non riesco a tollerare tutti quei pesci morti che mi fissano con occhi sbarrati. Non esco matta per i pesci, ma per me mangiarli quando hanno la testa è una tragedia che non riscuote consensi. Alla festa di laurea di mia cugina non riuscii a mangiare i gamberoni perché mi fissavano con due spilli neri arrostiti, troppo profondi e accusatori per essere pesci e non posso più mangiare l’orata al cartoccio perché mi fa venire la nausea vederle la faccia. Infinità di pesci, crostacei, molluschi molti a me sconosciuti, dalle sagome standard o più linguiniformi o sottosale come baccalà e stocco o inscatolati sott’olio come il tonno. Un pesce spada ghignava sotto il naso pinocchiesco come se prima di morire avesse amputato la mano del suo carnefice e ne fosse soddisfatto. L’odore e la forma sono quelle del pesce, il colore: ALLUMINIO.

FIORI: periodo di Festa dei Morti (macabra festa ma anche ironica sembra quasi il “Complemorte” di potteriana memoria). Margherite bianche e sfumate di giallo fuoco e violaceo; crisantemi leonini; garofani rosati; violacciocche in mazzi; gladioli imponenti; orchidee eleganti; gigli candidi; rose dalle molteplici dimensioni e tanti altri. Un trionfo per gli occhi, triste pensare che adorneranno tombe invece che case dei vivi, che la loro breve vita sarà preposta ad allietare chi non può godere dei loro colori. Colore: PESCA e BIANCO ACCESO. Forma: MARGHERITA. Odore: RESINOSO e SCIROPPOSO.

DOLCI: se la contende col reparto frutta in quanto a bellezza e nella mia scala di preferenze. La frutta vince solo perché meno calorica e quindi la posso mangiare senza troppi sensi di colpa. Cioccolata e cioccolatini di forme tonde e squadrata mi chiamano con voci cremose e scricchiolanti di involucri luminosi, vividi, metallici. Ce n’è per tutti i gusti: fondente e nera come la pece,  al latte e bianchissima, alla menta, al cocco, alle nocciole, alle mandorle, ai pistacchi, al caramello, alla frutta, alle noccioline, al miele, confettato, al riso soffiato, in interni biscottati, schiumanti mou e malto, ai cereali, alle varie creme, che ricoprono wafer o barrette tostate o cremini o pan di spagna e tantissimi altri tipi. Sono sistemati in pozze rettangolari e che trabordano. Alcuni sfuggono per terra e bambini ingordi li sgraffignano di nascosto (niente telecamera al mercatino). E la sezione caramelle più colorata e nuvolosa, anche qui tutti i tipi e gusti, come altri tipi di dolci. Voi credete davvero che non si possa perdere la ragione se sottoposti a una tortura del genere? Se mi rinchiudessero in una stanza con quei dolci (metteteci anche torte alla panna, crostate alla frutta e sfoglie alla crema, cheesecakes, ciambelloni al cacao, dolci secchi e madorlati e biscotti croccanti…), legatemi e vedrete se non impazzisco! E’ il mio canto delle sirene. Colore: CIOCCOLATO BORDEAUX e METALLICO. Forma: MEZZALUNA CARAMELLA. Odore: BURROSO e FRUTTATO di UVA PASSA.

Il resto della mattinata lo passo a comprare un paio di leggings simil pelle con delle borchie alle caviglie (5 euro dopo che me n’ero misurata un paio identici da extyn dove costavano 20 euro, tiè fottiti extyn!); una maglietta con le frange e una sciarpa tripla predominata da nero, crema e blu cobalto: uno strato tartan, uno ricamato e uno a fiori con pendagli di monete antiche e ricami. Una meraviglia! C’era anche in rosa antico e marrone ma mia madre dice che mi stava meglio questa quindi…
Altra questione negativa del mercatino è che incontri parenti scomodi e persone del mio paesucolo che cerco di non incrociare mai. In particolare una delle mie tante ex amiche d’infanzia che chiamerò d’ora in poi, qualora sfortunatamente dovessi incapparvici ancora, Trondina (speriamo di ricordarlo sto nome…). Stava lì, scema come una barbabietola e mi spiace per la povera barbabietola che in effetti svolge alla perfezione il suo ruolo di barbabietola al punto addirittura d farmi dubitare della sua stupidità, ma tant’è…insomma era la mia migliore amica più per abitudine che per consenso, alle materne ed elementari, ma che smise questo ruolo quando tra noi si creò un abisso di personalità e di interessi. Quando, ovvero, mi resi conto che era stupida come una barbabietola. Sposò un paio d’anni fa quello che fu il mio primo vero amore di gioventù (il destino si accanisce contro di me lo so…) e ora sventola orgogliosa un pancione kilometrico che mette in risalto con maglie strettissime. L’ho incontrata nel settore tende che è già di per sé un settore che odio visto la ressa perenne e mia madre che pare convinta, ogni volta, che ci sia una specie di broccato d’organza dal valore inestimabile sotto tutta quella stoffa e che valga la pena perderci ore a scavare per trovarlo. Il risultato sono io che mi annoio mentre la bancarella dei cd rimette sempre le solite canzoni: Lady Gaga, la Amoruso e canzoni in dialetto calabrese. Insomma Trondina mi saluta come se volesse iniziare una conversazione proficua per il suo ego, che io sono subito pronta a smontare con un elusivo “ciao”. La vedo che mi fissa, mi passa e ripassa davanti cercando di attirare il mio sguardo sulla sua pancia. Non sa che la trovo ridicola e che sì, è vero, un po’ le invidio la maternità che io non raggiungerò mai, ma se il prezzo da pagare è essere una gallina stupida come una barbabietola allora…no grazie. La sera stessa ho frugato sul suo facebook  (pubblico affinché tutti possano condividere le sue gioie) le troiata che scrive e be’….no davvero… non basta la barbabietola a definirla. Devo cercarle un ortaggio più idiota. Continuava a sbirciarmi e non ho potuto nascondere un sogghigno tastando la caramella al lampone che mi ero fregata poco prima (non ho saputo resistere…): non la mangerò, ma mi godrò il profumo di sottobosco, guarderò il mondo attraverso di essa, il mio mondo di rubino rosato, dolce e acidulo, nel quale Trondina, il suo pancione e suo marito con l’età divenuto più scemo di lei, non potranno mai entrare.

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