giovedì 23 febbraio 2012

Quelli con l'anima in fiamme

Dovrei andare in palestra, ficcarmi l'mp3 nelle orecchie e correre fino a sfinirmi. Ma il groviglio che mi blocca e così intricato da non riuscire a scioglierlo neanche per fare una cosa abitudinaria e normale come andare in palestra. O forse è proprio questo, il suo essere abitudinaria e normale, è per me un ostacolo insormontabile.
Se solo potessi avere un tocco di anormalità e misurarmi con esso....forse potrei riuscirci. Forse mi serve l'anormale per attivarmi ed essere me stessa. Vivendo. Mi serve l'anormale.
Ma dove cercarlo?
Nel mio "migliore amico" con cui temo di parlare perchè il più delle volte mi risponde male e fraddamente. Sembra mia madre. Niente di anormale,ormai. Tristemente normale, direi.
In quelle sensazioni che sfociano senza controllo alcuno, che cerco di intrppolare in parole e intiepidirle, affinchè chi le colga non debba scottarsi, come me stessa che le ho generate? Mentre le generavo e dopo, per sempre?
Quando smetterò di bruciare così? Una febbre incarnata, non mi sorprende più se appaio delirante ai sani. Charles Bukowski scrisse: "Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme"- è una citazione che ho sempre amato, prima di tutto perchè amo Buwkowski; e poi perchè sono io, persa, andata, diversa, fottuta, che non incontri mai. Quella con l'anima in fiamme. E il fatto che una persona come Buk potesse amare una così, inavvicinabile, perennemente infiammata, dannata, pericolosamente bruciante, mi ha semrpe confortata. Il desiderio di condividere sensazioni tanto potenti insieme a qualcuno a prova di fiamma, senza distruggerlo -pensavo- fosse realizzabile, se Buk lo farebbe.
Ma non è più una speranza.
Sono sbagliata e cattiva pare, ecco: pare che sia anche fondamentalmente cattiva. Come non bastasse il resto.
Perchè il destino dovrebbe riservare a me- Lo sbaglio - una cosa così....giusta?
"Perchè altrimenti io, la mia storia, non avrebbe ragione d'esistere".
Illusa e certa delle mie ragioni, così avrei autorisposto fino a qualche tempo fa.
Non più. La vita non ha ragioni. Ci butta lì e se siamo scaltri e forti e sappiamo cercare e forgiare una qualche felicità precostituita, allora avremo l'agognato happy end, o quasi happy; o tipo end.
Io non lo sono, nè scaltra, nè forte, nè in grado.
E se qualcuno o qualcosa c'è stato, con la capacità di far ingranare la marcia al fato e autocompiere l'auspicio, era fumo tra le dita, bagliore fugace, che solletica il desiderio di esistere e poi fugge via.
Dicendo che non poteva farlo. Che non poteva stare con me, che non voleva vivere con me.
Che non (mi) sapeva amare.

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