martedì 20 marzo 2012

E' dai colori che nascono le spine

Tutti questi colori, e non saperli usare.
Palpitano frenetici, incalnzadosi l'un l'altro, scavalcandosi, annullandosi in una sinfonia nevrotica.
Hai la tavolozza in una mano e il pennello nell'altra e senti le loro voci, acute e ammalianti, giovani e sconsiderate, chiedono solo di essere usati, non importa come, non importa dove, chiedono solo di avere una chance di vivere. E tu te ne stai lì, incalzata dai loro barbagli, tremante, a cercare la tonalità giusta, la modulazione cromatica che sia tua, che sia adatta a te. Che non ti ignori. Che non ti tramortisca. Che non rubi la tua aria e ti asfissi.

Poi ci provi. Ti fai coraggio e intingi il pennello.
E la gradazione che riesci a ricavarne è inaspettatamente perfetta. Un piccolo bagliore nel tuo mondo in bianco e nero, ma ti riscalda il cuore e tu gli dai tutto quello che hai per alimentarla, coccolarla, farla crescere. La nocciola dei tuoi occhi, il vermiglio del tuo sangue, lo screziato delle tue emozioni, il fuoco dei tuoi pensieri.
E' perfetto. E' una parte di te pur restando sè.

La tavolozza respira serena, ora. Ogni tanto ha un moto di impazienza: "quando ci riuserà? è troppo poco non vedi che hai solo quello?noi possiamo darti tutto, devi viverci però! Usaci, scema!".
Ma tu sei troppo presa dal tuo capolavoro. Il suo calore annebbia qualsiasi altro senso.
Non ti salva. Il resto del tuo mondo è bianco e nero, ma lui esiste e ti ha dato tanto cosa dovresti fare? Tradirlo? Lui non ti tradirebbe. Esiste ed esiste con te.
Ma tu gli hai dato tutti i tuoi colori più belli, ormai. Cos'altro puoi offrirgli? Ti resta solo il grigio delle tue giornate e la nebbia nei tuoi sogni.
E non li vuole.

I colori sulla tavolozza sono stanchi di aspettarti, tonalità acide latrano invidiose contro la tua mancanza di interesse. Li vedi scivolere oltre i bordi della tavolozza: vogliono scappare, cercano un pennello attivo, una mente vuota da ammaliare più facilmente. Nella tua c'è il magma rovente, è troppo dura cavalcarlo, chi si azzarderebbe a farlo? Farsi travolgere, bruciarsi per un brillìo astruso e invertebrato? No. Non ne vale la pena.

Tu li guardi andar via. Cerchi di fermarli, ma non c'è convinzione nella tua voce. C'è rassegnazione. "Tornate, datemi tempo, io devo imparare a usarvi, devo farvi convivere col magma! Guardate quanto è bello quando ci riesco? Avreste mai immaginato potesse esistere un colore così forte, totale, grande?!".
"E doviè?", sghignazzano quelli, velenosi "sei stata così tanto tempo a guardarlo che non ti sei resa conto  che ti ha prosciugata e se ne sta andando. Tornatene nel tuo mondo in bianco e nero, tornatene alle tue nebbie grigie, è quello che ti meriti".

Ora c'è solo un solco al posto del mio colore, tanto profondo quanto quello era bello.
E un grande "NO" di lettere di buio, un residuo della sua voce portato dal vento, vibra ancora  tra le nebbie grigie del mio mondo. Sempre più lieve, sempre più vago, sempre più nullo. Solo un ricordo e una spina nel cuore.

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