Fumo tra dita
Che se la svigna, svicolando dal pugno serrato
in arabeschi fiatati,
anelli di scheletro umano,
d’ectoplasma macabro nastro.
Dai suoi strali trapassano raggi nebbiosi
e condense di fiato bluastre di morte
intrecciano nodi funerei,
precari,
fiocco di un dono svanito nel sogno.
Dono non dovuto, dono non spolpato
tra tutti i doni il più immotivato.
E’ non vita quella vita trattenuta da un pellegrino dell’oceano indiano
fermo al porto sconosciuto e scosceso
col bicchiere sozzo
che stringe in una mano.
Nell’altra vi è il fumo
Tiepido
Levigato
Trasparente
Della vita impenitente
Trattenuta a stento, ascoltata di rado
Sconosciuta al pellegrino dell’oceano indiano.
Stringe il fumo il pellegrino, piano prima forte poi
Corteggia un pensiero
annusa una domanda fiorita per caso:
“Cos’è che s’attarda, un granulo grigio o un fior di damasco dal guscio spezzato? Qui a un palmo dal naso un odore speziato”
Or lo sente,
forte prima piano poi,
pizzicare miraggi e deliri,
annaspare in visioni perplesse,
intrecciare dipinti di bruma.
Esalati in miasmi con dita
e suonati in sospiri di fuoco,
i bisbigli profondi
illustrano torri di fari remoti,
celando con luce,
a fatica,
il nero del cuore che pulsa segreto:
dietro la bruma di velo fumoso,
il bozzolo vibra un’idea accennata e la inchioda dietro le sbarre nebbiose,
mai compiuta
per l’eternità.
Eppur viva
Eppur non viva
Per caso o non per caso caduta nel palmo
della mano del pellegrino
prestato dal mare.
Chi la mandò lì
Vita sfiatata
Tra le forti nocche di un navigante solitario,
figlio d’Arcano e d’Acume?
Superfluo è il sapere.
E’ solo fumo
Il fumo non è vita.
Trattenere fumo è vano.
Mani forti sono nate per stringere funi e lanciare comandi
Serrare la vita di donne espirate su scampoli erbosi,
Danzanti nel turbine
nell’universo senziente.
Il pellegrino ignaro,
stringe il suo fumo.
Gli solletica il palmo e si avvolge al suo polso
in spire bramanti contatto,
catena di niente:
facile il frantumo,
Arduo il controllo.
Vorrà contenerlo?
Tenerlo con se nei pascoli bui, allattati dal mare.
O inavvertitamente deciderà di sgravarsi del peso del fumo
E scioglierà il bracciale
di giada leggiadra,
sottile filaccia annientata
in quattro e quattr’otto
da Vero e Scirocco?
Stride la nave un richiamo d’amore.
Sopra garrisce nel vento il rumore
Sotto il gabbiano nero s’accuccia
E guarda venire con passo proteso
- fiero di sale e anima pregna-
Lo sconosciuto del porto scosceso.
Enfad Rinakiro
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